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L’agevolazione della Piccola Proprietà Contadina (PPC) rappresenta uno degli sgravi sulle imposte indirette più utilizzato nel nostro ordinamento, ma per potervi accedere, oltre alla richiesta oggettiva in sede d’atto, è necessario che siano presenti anche determinati requisiti soggettivi, pena il non riconoscimento dei benefici fiscali ad essa correlati.
Lo scopo di tale agevolazione è quello di detassare, in modo importante, le imposte indirette gravanti sull’acquisto di terreni agricoli da parte di Coltivatori Diretti o di Imprenditori Agricoli Professionali (IAP) e quindi di soggetti che gestiscono e coltivano la terra in maniera prevalente e professionale, essendo iscritti nell’apposita sezione previdenziale dell’INPS.
Una tale impostazione normativa (introdotta dall’articolo 2, comma 4-bis del D.L. n. 194/2009, convertito con modificazioni nella Legge n. 25/2010) tende ad incentivare l’espansione delle aziende agricole efficienti, favorendo la riunione della proprietà della terra in capo a chi la coltiva.
Secondo quanto previsto dal suo disciplinare, per potere richiedere i benefici delle Piccola Proprietà Contadina devono sussistere presupposti riconducibili a situazioni oggettive e soggettive, più in particolare:
Orbene, in base ad una recente Ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8269 del 14 marzo 2022) i Giudici supremi hanno ricordato come per l’applicazione della disciplina di favore della PPC sia obbligatoria la materiale richiesta della stessa in sede d’atto da parte di coloro che ne vogliono usufruire.
La ragione di ciò deriva dall’affermato principio secondo cui “anche un’agevolazione fiscale può essere richiesta in un momento successivo a quello dell’imposizione, ma solo a condizione che la normativa di riferimento non imponga al contribuente di farla valere con specifiche modalità”, cosa quest’ultima, che viene esplicitamente richiesta dalla disciplina sulla PPC.
Pertanto, stante quanto sopra, ne consegue che contestualmente alla richiesta del soggetto per l’applicazione dei benefici fiscali deve sussistere la presenza dei requisiti soggettivi cui la norma fa riferimento (qualifica di Coltivatore Diretto o di IAP).
Inoltre, si ricorda anche un’altra presa di posizione da parte della Corte Suprema con riferimento alla particolare fattispecie del cosiddetto IAP in itirere (Ordinanza n. 8278 del 14 marzo 2022), in base alla quale è stato previsto che “se non è ancora in possesso dei requisiti prima dell’atto (il soggetto) è tenuto a presentare istanza alla Regione di riconoscimento della qualifica di IAP e ottenere l’iscrizione provvisoria all’INPS, mentre alla stipula dell’atto dovrà esibire la domanda di riconoscimento alla Regione della qualifica di IAP e il certificato attestante l’iscrizione all’INPS con riserva, dovendo poi risultare, nei ventiquattro mesi, in possesso dei requisiti IAP”.
Seppure queste prescrizioni risultino preclusive all’ottenimento dei benefici fiscali e, quindi, devono sussistere in sede d’atto, parimenti può capitare che qualora gli stessi requisiti siano presenti in tale sede e testimoniati dalla presentazione di apposito certificato rilasciato dalla Regione, quest’ultimo possa essere disconosciuto dai Giudici in base a situazioni oggettive che ne inficiano la valenza (Ordinanza della Corte di Cassazione n. 8272 sempre del 14 marzo 2022)
Pertanto, ad esempio, qualora un Coltivatore Diretto non gestisca direttamente e abitualmente i terreni acquisiti o non si dedichi personalmente all’allevamento dei propri animali ottemperando alle disposizioni richieste dalla disciplina della Piccola Proprietà Contadina, le agevolazioni a lui spettanti saranno disapplicate in base al disconoscimento della sua qualifica operato dai Giudici togati.