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La Sentenza n. 1733, Sezione 2, del 12 aprile 2022 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, afferma un principio che, a parere di chi scrive, andrebbe maggiormente approfondito, in quanto stabilisce che l’affitto percepito su di un’immobile locato detenuto in comproprietà va tassato integralmente in capo al comproprietario che, in base ad una propria dichiarazione, si qualifica come proprietario.
Il caso posto all’attenzione della CTR del Lazio da cui è nato il contenzioso, nasce dal fatto che una contribuente (persona fisica) comproprietaria di un immobile al 50% regolarmente dichiarato pro quota nella dichiarazione dei redditi, avendo locato l’immobile ed assoggettato a tassazione solo la quota a lei spettante, si è vista richiedere l’intera IRPEF sull’intero canone versato dal locatario “attesa la dichiarazione dell’interessata, qualificatasi quale proprietaria dell’immobile”.
Nel contestare l’impostazione adottata dall’Amministrazione Finanziaria sia in primo che in secondo grado, la contribuente richiamava la disposizione riportata al comma 2 dell’articolo 26 del TUIR laddove viene precisato che:
“nei casi di contitolarità della proprietà o altro diritto reale sull’immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso, il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la quota corrispondente al suo diritto”.
Da parte loro, a giustificazione delle proprie ragioni, i Giudici del Lazio hanno specificato che la disposizione più sopra riportata va letta nel contesto dei redditi fondiari e, pertanto, riguardano quelli figurativi quantificabili in base alle risultanze catastali.
Inoltre, nell’ambito dei redditi derivanti da locazioni d’immobili cointestati, nulla osta a che tali importi vengano autonomamente imputati a prescindere dal titolo di possesso essendo, peraltro, possibile attribuire tali redditi anche a persone diverse dai legittimi proprietari.
Non meno rilevante è il fatto che risulti possibile prevedere che solo alcuni comproprietari incassino il canone d’affitto derivante dalla locazione, cosa quest’ultima legittimata anche dalle Sentenze della Cassazione n. 19166/2003 e n. 15171/2009.
Tuttavia, non ci sentiamo di sottoscrivere appieno l’impostazione adottata dalla CTR del Lazio, in quanto sembra che il tutto si basi solamente su una dichiarazione resa dall’interessata che si qualifica come proprietaria (non unica) dell’immobile.
Non viene nemmeno menzionato il fondamentale requisito legato all’incasso dell’intero canone di locazione anzi, la stessa ricorrente, nel proprio ricorso in appello, sostiene che non sia mai stata provata l’effettiva percezione di tale somma da parte sua.
Mentre, proprio sul fondamento dell’effettivo incasso i Giudici del Lazio basano la propria giustificazione per l’imputazione totale della tassazione in capo alla comproprietaria.
Infatti, considerato che il comma 1 dell’articolo 26 del TUIR afferma che “i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla loro percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale (…)”, la CTR laziale sostiene che la locuzione “indipendentemente dalla loro percezione” non riguardi i redditi derivanti da contratti di locazione, in quanto viene adoperata per indicare il criterio del concorso di detti cespiti alla formazione del reddito complessivo dei soggetti che li possiedono, ma non quella per identificare i soggetti ai quali tali redditi devono essere imputati.
In conclusione, mancando espliciti riferimenti al contratto sottoscritto tra le parti, riteniamo plausibile sostenere che un approfondimento maggiore della vicenda dovrebbe richiedersi prima