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Una recente Ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12221 del 14 aprile 2022) ha confermato un principio, oramai consolidato, in base al quale si considera sufficiente, ai fini della debenza ICI/IMU, l’iscrizione dell’immobile al catasto edilizio.
Con una tale affermazione, pertanto, viene dato ampio rilievo all’accatastamento dell’immobile affermando che risulta del tutto irrilevante il fatto che lo stesso risulti utilizzato o ultimato, circostanze, queste ultime, che assumono importanza solo nel caso in cui avvengano prima dell’accatastamento del fabbricato.
L’individuazione del momento in cui si utilizza o si completa l’immobile serve solo a regolamentare il trattamento tributario di un fabbricato non accatastato, poiché, in caso di utilizzo, l’immobile si considera tale anche se non è avvenuta l’iscrizione al catasto.
Di fatto, in base alle disposizioni catastali, il fabbricato deve essere accatastato entro trenta giorni dalla data in cui lo stesso è divenuto abitabile o servibile all’uso cui è destinato, pertanto la dichiarazione di accatastamento, ordinariamente, denuncia l’avvenuta ultimazione dello stesso.
Tuttavia, in caso di accatastamento dell’immobile a fronte del quale manchi la denuncia di completamento dello stesso, il fabbricato si assume come ultimato e, quindi, l’IMU scatterà a partire da tale momento e sarà calcolata sulla base della rendita catastale.
Con riferimento ai terreni, l’articolo 1, comma 746 della Legge n. 16/2019, attribuisce rilevanza ai comportamenti concludenti, affermando che:
“in caso di utilizzazione edificatoria dell’area di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la base imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata fabbricabile, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato”.
In altre parole, qualora i lavori di costruzione vengano effettuati su di un terreno originariamente classificato dal Piano Regolatore come “non edificabile”, il comportamento concludente fa sì che sullo stesso vengano applicate le imposte come si trattasse di area edificabile e, quindi, avendo come riferimento il valore venale e non quello catastale.
Tale tassazione perdura per tutta la durata dei lavori e cioè sino all’ultimazione di questi, ovvero sino alla data in cui il fabbricato non risulti utilizzato nel qual caso, se tale fattispecie si realizza prima dell’ultimazione dei lavori, sarà quello il periodo a partire dal quale l’imposta si calcola in relazione al fabbricato (rendita catastale).
Orbene, stante la pronuncia della Corte di Cassazione più sopra evidenziata che numerose altre pronunce recanti lo stesso orientamento (Sentenza n. 8781/2015, Sentenza n. 7905/2005, Sentenza n. 11646/2019), risulta del tutto prevalente la rilevanza, ai fini fiscali, dell’accatastamento dell’immobile quando questo avvenga prima della data di fine lavori.
Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’imposta locale sulla base della rendita catastale, l’assunto secondo il quale il fabbricato esiste ai fini IMU al verificarsi del primo tra i due seguenti eventi:
vale solo fintantoché il fabbricato non risulti iscritto in catasto, altrimenti l’essere accatastato prima degli altri due accadimenti ne legittima l’assoggettamento tributario sulla base della rendita attribuita.
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