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Che l’agriturismo fosse ricompreso tra le attività connesse previste dall’articolo 2135 del Codice Civile ci viene confermato dall’enunciato del suo terzo comma, laddove viene precisato che:
“si intendono comunque connesse (…) le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.
Lo stesso nostro ordinamento ha trovato il modo di inquadrare normativamente l’attività agrituristica, istituendo una vera e propria regolamentazione della stessa, con la Legge n. 96 del 20 febbraio 2006 definendo come agrituristiche:
“le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice Civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali”.
Inoltre, in affiancamento a tale attività (che normalmente ricomprende quella di ospitalità e di somministrazione dei pasti) se ne sono sviluppate altre che possono contemplare:
Ciò che nella presente circolare intendiamo evidenziare, tuttavia, è che, considerata la varietà delle opportunità offerte a chi opera a contatto con la natura, si sono avviate nuove attività che, seppure in scala ridotta rispetto agli agriturismi, permettono di sfruttare la propria struttura rurale offrendo servizi di alloggio e di prima colazione secondo i principi della cosiddetta “ospitalità rurale familiare”.
La stessa Legge n. 122 del 27 marzo 2001, all’articolo 23 ne sancisce la regolamentazione, prevedendo che alle Regioni è demandato il compito di determinare, con propria legge, le caratteristiche degli immobili che possono essere utilizzati per l’esercizio di tale attività, nonché le caratteristiche di professionalità e di continuità richieste.
Infatti, nel momento stesso in cui tale attività viene esercitata da imprenditori agricoli ed assume il carattere della professionalità e della continuità, si rientra automaticamente all’interno dell’attività agrituristica.
L’autorizzazione all’esercizio dell’ospitalità rurale familiare, ha valenza singola, pertanto, nell’ambito di tale attività non si potrà essere titolari di più di una autorizzazione per persona fisica.
Il requisito della prevalenza viene richiamato dal comma 3 del medesimo articolo 23 della Legge n. 122/2001, laddove viene affermato che tale principio, con riferimento ai prodotti propri o di aziende agricole della zona, risulta fondamentale nella somministrazione dei pasti al pari di quanto previsto per le attività agrituristiche.
È proprio tale rimando alle attività agrituristiche (avvenuto in un tale contesto) che ci consente di affermare l’applicazione dello stesso regime impositivo le cui regole sono contenute nell’articolo 5 della Legge n. 413 del 30 dicembre 1991.
In base a tale disposizione, che disciplina l’aspetto tributario delle attività agrituristiche con riferimento alle persone fisiche e alle società di persone, viene previsto un particolare regime di tassazione che, sostanzialmente, prevede:
Precisiamo, inoltre, che questo regime impositivo risulta essere “naturale” per le persone fisiche e le società di persone, mentre alle società di capitali, che intendono esercitare l’attività di agriturismo, si applicheranno comunque le regole ordinarie ai fini delle imposte sul reddito.
Per terminare, il comma 3 dell’articolo 5 della Legge n. 414/1991, tratta della possibilità di esercitare l’opzione per il regime ordinario anche da parte di coloro che naturalmente rientrerebbero in quello forfettario, specificando, tuttavia, che l’eventuale scelta effettuata in tal senso (da operare nella Dichiarazione IVA per l’anno precedente) vincolerà il contribuente per un triennio.