Con la pubblicazione del Decreto attuativo della misura PNRR “Parco Agrisolare”, le aziende agricole speravano che le misure introdotte potessero incentivare la produzione di energia, determinando una maggior competitività sul mercato ed incrementando le entrate inerenti a tale attività.
Tale misura è stata pensata come sostegno agli investimenti nelle strutture produttive del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale, al fine di installare pannelli solari e sistemi di gestione intelligente dei flussi di energia prodotta anche tramite l’utilizzo di accumulatori, rimuovere e smaltire l’amianto sui tetti esistenti e costruirne di nuovi maggiormente isolati, creare sistemi automatizzati di ventilazione e/o di raffreddamento.
Nonostante le lodevoli intenzioni, l’art. 2, comma 3 del Decreto, pone un limite disincentivante che consiste nell’ammettere al beneficio solo gli impianti dimensionati e destinati all’autoconsumo.
Vi sono infatti non poche criticità legate a questa decisione del Legislatore. In prima battuta, occorre precisare che la misura prevista dal PNRR è volta a coprire il 40-50% dell’investimento, ma l’entità degli aiuti rimane avulsa dal periodo storico attuale in cui i costi dell’edilizia risultano triplicati, come pure sono in costante aumento i costi dell’impiantistica che, inoltre, necessita di alcune componenti che potrebbero essere meglio ammortizzate se fossero a servizio di impianti maggiormente dimensionati.
Visto l’aumento dei costi di realizzazione, è chiaro che gli incentivi previsti nel PNRR non sono sufficienti a sostenere l’investimento per l’installazione di pannelli fotovoltaici, tanto più se l’impianto può essere utilizzato esclusivamente per l’autoconsumo.
Un’altra criticità è legata proprio al limite dell’autoconsumo imposto dal Decreto: il futuro prossimo verso cui viaggiano le imprese sarà estremamente elettrificato e si assisterà ad un sempre maggior sfruttamento delle energie auto prodotte, abbandonando gradualmente l’utilizzo di combustibili fossili (in particolare gasolio, benzina e metano).
È chiaro, quindi, che una valutazione in termini numerici dell’autoconsumo effettuata oggi non rispecchierà la realtà futura delle imprese il cui l’indice di autoconsumo tenderà ad aumentare in maniera esponenziale. Se la norma non dovesse cambiare è chiaro che l’utilizzo di tale parametro risulterà del tutto obsoleto poiché richiederà di fotografare, oggi, una situazione che, nel breve periodo, non rifletterà più la realtà delle imprese.
Inoltre, con le condizioni previste dalla norma, nella sua attuale formulazione, sarebbe davvero difficile ipotizzare che vi siano aziende intenzionate a costruire un impianto di 500 Kilowatt, investendo centinaia di migliaia di euro, per vedersi finanziare solo la parte dell’impianto che garantisce l’autoconsumo cedendo l’energia in rete a prezzi che, seppur significativamente aumentati, non garantiscono la copertura dei costi dell’investimento e del successivo smaltimento dell’impianto quando non sarà più produttivo.
Un altro fronte, attualmente completamente non considerato, è quello della produzione di energia termica che potrebbe essere generata sia dagli impianti destinati alla produzione di energia elettrica, sia tramite pannelli solari (la cessione di energia termica da pannelli solari oggi non rientra tra le attività agricole connesse). L’energia termica prodotta dalle imprese potrebbe essere ceduta a terzi, specialmente quando la collocazione degli edifici e dei relativi impianti sia in prossimità di centri abitati, aree industriali o artigianali cosicché da rendere economicamente sostenibili i costi delle canalizzazioni necessarie, in particolare qualora esistesse un sistema di teleriscaldamento-teleraffrescamento al quale l’impresa agricola possa fornire il proprio apporto.
Infine, forse, un ulteriore fronte di discussione dovrebbe aprirsi proprio sul prezzo dell’energia che le imprese cedono in rete. Probabilmente servirebbe un sistema nazionale che si faccia garante della commercializzazione dell’energia da fonti rinnovabili alle migliori condizioni per i produttori. L’energia da fonti rinnovabili dovrebbe probabilmente avere una diversa quotazione proprio per gli aspetti benefici per il clima e l’ambiente che gli sono indiscutibilmente riconosciuti.
Tutte le considerazioni svolte portano a sollevare non pochi dubbi circa l’attuazione delle misure previste dal PNRR in merito alla possibilità che avranno le aziende di installare nuovi impianti fotovoltaici.
Le imprese agricole speravano che con l’attuazione del PNRR vi fosse davvero la possibilità di ricevere incentivi per ampliare la propria attività generando nuove “entrate” ed eliminando la disparità di trattamento tra il comparto agricolo e quello agroindustriale.
Purtroppo, vista l’attuale stesura della norma, riteniamo che siano pochissime le aziende che nel nostro settore parteciperanno al bando in questione, mentre saranno certamente più stimolate quelle imprese del comparto agroindustriale, avendo sicuramente consumi di energia più rilevanti e costanti.
Vi è da dire, però, che il provvedimento, pur se pubblicato a fine marzo, è frutto di un’analisi precedente all’avvio del conflitto tra Russia e Ucraina; pertanto, l’urgenza di aumentare la produzione di energia non collegata all’utilizzo di fonti fossili è divenuta oggi prioritaria, cosicché il dibattito politico sulle misure da incentivare è tutt’altro che chiuso.
Il Decreto Aiuti, di recente pubblicazione, mostra come l’orientamento sugli incentivi alla produzione di energia da fonti rinnovabili stia già mutando ed anche la Commissione UE si sta interrogando sulle misure da attuare con priorità in campo energetico.
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