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Con la riscrittura dell’art. 2135, Codice Civile, dal 2001 si è sviluppato un nuovo concetto di attività agricola, non più legato alla “normalità”, prevedendo la multifunzionalità dell’impresa agricola.
Grazie alla multifunzionalità le imprese agricole possono svolgere molteplici attività, mantenendo comunque il loro status e l’inquadramento previdenziale nel settore agricolo.
Inoltre, nel rispetto del principio di connessione con l’attività agricola prevalente, anche sul piano fiscale sono state introdotte specifiche semplificazioni per agevolare la diversificazione delle attività svolte. Tra le attività che hanno avuto un maggiore impulso vi sono: la manipolazione, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, nonché le attività di servizi.
Queste attività sono in genere accomunate dalla possibilità di essere avviate senza la necessità di significativi investimenti, in quanto le risorse necessarie sono già normalmente impiegate per l’esercizio dell’attività di coltivazione o allevamento.
Uno dei problemi che affligge il settore agricolo è la valorizzazione delle produzioni. I prodotti agricoli sono deperibili, necessitano di una rete distributiva capace di diffondere tempestivamente il prodotto e metterlo a disposizione del consumatore. Le imprese agricole tramite la vendita diretta, la manipolazione e trasformazione prevalente dei propri prodotti agricoli possono accorciare la filiera distributiva valorizzando, al contempo, i loro prodotti attraverso la trasformazione, con evidenti vantaggi in termini di redditività.
Tali attività possono generare reddito agrario se hanno per oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento degli animali e individuati dal Decreto Ministeriale previsto dall’art. 32 del TUIR al comma 2, lett. c).
Pertanto, se il risultato della trasformazione è un prodotto agricolo così come sopra definito ed i prodotti utilizzati sono di produzione prevalentemente propria dell’azienda agricola, il reddito derivante da tali attività è completamente assorbito dal reddito agrario e non si deve dichiarare alcun ulteriore reddito, neppure ai fini IRAP. Ciò vale anche se una o più fasi del processo produttivo sono affidate a terzi (ad esempio, se viene utilizzato un frantoio di terzi per la molitura di olive proprie).
Tali attività sono in continua evoluzione. L’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un’istanza di Interpello del 2017, ha riconosciuto tra le attività agricole connesse la produzione e commercializzazione di pesce eviscerato e di caviale di storione in quanto tali attività rientrano nel codice ATECO 10.20.0 (produzione di prodotti a base di pesce, crostacei, molluschi, filetti di pesce, uova, caviale, succedanei del caviale, ecc.).
Nello stesso anno l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto come attività connesse la produzione di caviale di lumache, bava di lumache e lumache lessate, riconducendo tali attività al codice ATECO 10.20.0.
Non sono però da sottovalutare anche gli orientamenti che tendono a ridimensionare l’operatività delle imprese agricole. Ne è un esempio quanto stabilito dal TAR del Lazio in relazione alla produzione di pane e prodotti di panetteria in generale, ritenendo tali attività non riconducibili al contesto agricolo, per il fatto che il prodotto finale è frutto di una seconda trasformazione ( Sentenza n. 4916, del 28 aprile 2021). In particolare, la Sentenza ha annullato i due Decreti Ministeriali, precedenti a quello attualmente in vigore, impugnati dalle associazioni dei panificatori, relativamente alla parte in cui essi prevedono che le predette produzioni, ricavate dalla trasformazione delle farine ottenute prevalentemente dalla coltivazione di propri cereali, non determinano alcun reddito aggiuntivo per l’imprenditore agricolo, in quanto assorbito dal reddito agrario dei fondi coltivati. Tali indicazioni offerte dalla giurisprudenza devono fare riflettere sui limiti che l’attività avviata debba rispettare al fine di non travalicare tra quelle di natura commerciale e rimanere connessa all’attività agricola.
Sul concetto di prevalenza, l’Agenzia delle Entrate ha emanato le Circolari n. 44/E del 2002 e n. 44/E del 2004, in cui ha chiarito che, in linea generale, la prevalenza può essere misurata in termini di quantità o di valore:
Infine, si precisa che, qualora i beni ottenuti dalla trasformazione di prodotti agricoli acquistati da terzi non rientrino nella tipologia di appartenenza dei beni ottenuti dalla trasformazione dei prodotti propri, viene a mancare il presupposto di accessorietà e strumentalità rispetto all’attività agricola principale, con la conseguenza che i relativi redditi non rientrano nel campo di applicazione degli artt. 32 e 56-bis del TUIR.
Quando le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti agricoli hanno ad oggetto prodotti diversi da quelli elencanti nel citato D.M. 13 febbraio 2015, l’impresa agricola determina il reddito d’impresa in modo forfettario (art. 56-bis, TUIR), salvo opzione per il regime ordinario.
L’impresa è comunque tenuta al rispetto del principio di prevalenza. L’art. 56-bis al comma 2, in questi casi, prevede che il reddito venga determinato forfettariamente, applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini IVA, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15%.
Di contro, se il prodotto ottenuto sostiene più manipolazioni/trasformazioni, l’operazione sarà ricondotta al reddito d’impresa. Infatti, devono ritenersi escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 56-bis del TUIR le attività di trasformazione non usualmente esercitate nell’ambito dell’attività agricola che intervengono in una fase successiva a quella che ha originato i beni elencati nel Decreto Ministeriale, atte a trasformare ulteriormente questi ultimi beni fino a realizzare prodotti nuovi che non trovano connessione con l’attività agricola principale ai sensi dell’art. 2135, Codice Civile.
Allo stesso tempo, qualora non venga rispettato il principio di prevalenza, devono essere tenuti distinti i casi in cui il prodotto finale ottenuto e commercializzato rientri tra quelli agricoli o, comunque, previsti dal D.M. 13 febbraio 2015, oppure sia un prodotto diverso.
Nella prima ipotesi, opera la cosiddetta franchigia e, quindi, sono da qualificarsi come redditi agrari ai sensi dell'art. 32, TUIR, i redditi rivenienti dall'attività di trasformazione dei prodotti agricoli nei limiti del doppio delle quantità prodotte in proprio dall'imprenditore agricolo, mentre la parte eccedente tale limite deve essere determinata in base alle regole in materia di reddito d'impresa.
Nel caso in cui dall'attività di trasformazione o manipolazione si ottengano beni non agricoli e non rientranti fra quelli elencati nel citato Decreto Ministeriale, non essendo soddisfatto il requisito della prevalenza, l'intero reddito prodotto costituisce reddito d'impresa, da determinarsi analiticamente in base all'art. 56 del TUIR.
A tale contesto, la Legge n. 160/2019 (comma 225) ha aggiunto un regime forfettario per gli imprenditori florovivaisti che acquistano piante da altri imprenditori florovivaisti, nei limiti del 10% del volume d’affari; disponendo che il reddito delle predette operazioni si determina applicando un coefficiente pari al 5% dei corrispettivi registrati ai fini IVA.
Anche “la fornitura di servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata […]” prevede una tassazione forfettaria (art. 56-bis, comma 3, TUIR).
Per tali attività, il reddito si determina applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, il coefficiente di redditività del 25%. Con la Circolare n. 44/E del 2004, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che i servizi rientranti nel reddito agrario sono quelli svolti mediante le risorse normalmente impiegate nell’attività principale.
Il concetto di risorsa normalmente utilizzata nell’attività agricola deve essere dunque considerato in senso ampio, includendo tutti gli elementi materiali e immateriali necessari al conseguimento dell'obiettivo aziendale. Sono quindi risorse, ad esempio, i terreni, i fabbricati, le attrezzature, il personale, il capitale, il know-how, ecc. (Risposta ad Interpello n. 446/2021).
Invece, in riferimento ai servizi forniti con le attrezzature che non sono normalmente usate in azienda, sarà necessario verificare la sussistenza della prevalenza: in tal caso la verifica deve essere effettuata in relazione al volume d’affari prodotto con le attrezzature normalmente impiegate, il quale deve risultare superiore a quello conseguito con le altre attrezzature.
Si tratta di attività quali, ad esempio, motoaratura, spalatura della neve, manutenzione del territorio, manutenzione del verde e simili, che l’imprenditore agricolo svolge impiegando in misura prevalente le stesse macchine agricole e le stesse risorse umane normalmente impiegate nell’azienda.
Tali attività possono essere svolte se connesse e complementari all’attività agricola esercitata. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 44/E del 2002, ha precisato che tali attività non devono assumere per dimensioni, organizzazione di capitali e risorse, la connotazione di attività principale.
La definizione del reddito ai sensi dell’art. 56-bis, TUIR, rappresenta il regime naturale di determinazione dell’imposta riservato alle imprese individuali ed alle società semplici che svolgono attività agricole, applicabile anche in presenza di attività occasionali.
Il comma 4 dell’art. 56-bis, TUIR, precisa che la disposizione non è applicabile ai soggetti di cui all'art. 73, comma 1, lett. a), b) e d), TUIR, nonché alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice.
Ai fini delle imposte sul reddito, sia per le persone fisiche che per le società semplici è possibile indicare il reddito determinato nel quadro RD, sezione III, della dichiarazione dei redditi (“Attività agricole connesse”). In tale sezione, al rigo RD10, colonna 2 (produzione di beni), colonna 3 (fornitura di servizi) e colonna 4 (commercio di piante) si dovrà indicare il valore dei corrispettivi complessivamente rilevati nell’anno. Tale reddito verrà poi riportato rispettivamente nella misura del 15%, del 25% e del 5% a rigo RD10, colonna 7.

Per l’IRAP, il valore della produzione determinato forfettariamente andrà indicato nella sezione III.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni importanti chiarimenti dovuti all’esclusione dall’IRAP delle attività agricole rientranti nei limiti dell’art. 32, TUIR. Con la Risoluzione n. 93/E del 18 luglio 2017, è stato precisato che le deduzioni di lavoro dipendente spettano solo in relazione ai dipendenti impiegati nell’attività soggetta ad IRAP. Nel caso di dipendenti impiegati promiscuamente, l’importo della deduzione andrà ridotto della quota imputabile all’attività agricola. Occorrerà quindi determinare l’incidenza dei ricavi e proventi riferibili alle attività agricole (art. 32, TUIR) rispetto a quelli complessivi.

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Applicazione dell’art. 56-bis nella manipolazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli |
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Il bene rientra tra i prodotti agricoli, inclusi quelli del D.M. 13 febbraio 2015 |
Prevalenza di prodotti propri Art. 32, TUIR (prodotto proprio + franchigia) |
Franchigia: Trasformazione dei prodotti agricoli nei limiti del doppio delle quantità prodotte in proprio dall’imprenditore agricolo. Nel caso di acquisti per un miglioramento della gamma, nei limiti del doppio del valore normale delle medesime. |
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Prevalenza di prodotti di terzi Art. 32, TUIR (prodotto proprio + franchigia) Sull’eccedenza: Art. 56, TUIR (reddito d’impresa + IRAP) |
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Il bene non rientra tra i prodotti agricoli e neppure tra quelli inclusi nel D.M. 13 febbraio 2015 |
Prevalenza di prodotti propri Art. 56-bis, TUIR (R.I. 15% + IRAP) |
Non è applicabile la franchigia Se non è rispettato il requisito della prevalenza, l’intero reddito prodotto costituisce reddito d’impresa. |
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Prevalenza di prodotti di terzi Art. 56, TUIR (reddito d’impresa + IRAP) |
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