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Con la Risposta ad Interpello n. 365 del 6 luglio 2022, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la cessione di un fabbricato in corso di costruzione, ancora accatastato come terreno, realizza un’operazione soggetta ad IVA ordinaria e, per il principio dell’alternatività IVA, registro, ipotecaria e catastale, sconta le altre imposte in misura fissa (200 euro ciascuna).
Questo è quanto possibile desumere dalla risposta dell’Amministrazione Finanziaria fornita ad un professionista, incaricato di conoscere il regime impositivo da applicare alla cessione di un fabbricato in corso di costruzione effettuata nell’ambito di una procedura esecutiva.
L’immobile in oggetto, i cui lavori di costruzione risultavano interrotti da almeno dieci anni, era ancora presente in catasto sotto la classificazione “terreno” e gli originali titoli edilizi, decaduti ai sensi dell’art. 15, D.P.R. n. 380/2001, dovevano essere nuovamente richiesti al Comune ai fini del completamento dei lavori previsti da quelli previamente presentati.
Alla luce di quanto sopra, l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto precisato che le diposizioni riportate nell’art. 10, comma 1, nn. 8-bis e 8-ter, D.P.R. n. 633/1972, nel prevedere il regime di esenzione a determinate operazioni di cessione, non si occupano in alcun modo dei fabbricati non ultimati, escludendone, per essi, il menzionato regime di esonero.
Inoltre, considerato che il bene posto sotto esame appartiene a pieno titolo al circuito produttivo proprio dell’azienda, la corrispondente cessione risulterà necessariamente assoggettata ad IVA, determinando, in base al principio di alternatività, l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastali.
A tal fine, rientrando nel regime di tassazione IVA legato alle cessioni immobiliari, trovano spazio le correlazioni con la natura oggettiva del bene ceduto, cioè lo stato di fatto e di diritto presente all’atto della cessione che prescinde dalla destinazione attribuita al bene da parte dell’acquirente.
Non di meno assume rilevanza il criterio oggettivo legato alla classificazione catastale dell’immobile che anch’esso prescinde dall’effettivo utilizzo dello stesso.
Infatti, proseguendo nella sua analisi, l’Amministrazione Finanziaria esclude la natura di fabbricato in corso di costruzione, mancando la classificazione catastale del bene nella categoria transitoria F/3, affermando la prevalenza dell’iscrizione in catasto sotto la classificazione “terreni”.
Con riferimento a quest’ultima classificazione, inoltre, al fine di individuare il giusto trattamento IVA, è necessario tenere a mente la diversa impostazione riservata alle cessioni aventi ad oggetto terreni “non suscettibili di utilizzazione edificatoria” (fuori campo IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 633/1972) da quelle che riguardano gli atti di trasferimento di terreni edificabili (soggetti ad IVA ordinaria).
Al fine di individuare le aree fabbricabili, l’art. 36, comma 2, D.L. n. 223/2006, stabilisce che sono tali quelle utilizzabili a tale scopo “in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione o dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.
Pertanto, risulta sufficiente, per essere classificato terreno edificabile, che il documento di pianificazione urbanistica venga adottato dal Comune indipendentemente dall’approvazione della Regione o qualora non risulti ancora terminato l’iter procedimentale per l’approvazione dello strumento urbanistico generale.
Di conseguenza il trasferimento posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda terreni considerati edificabili per i quali viene prevista l’assoggettabilità ad IVA ordinaria (22%) e, in ragione del principio di alternatività (art. 40, D.P.R. n. 131/1986), l’applicazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa pari a 200 euro ciascuna.