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Con la Sentenza n. 23051, pubblicata il 25 luglio 2022, la Corte di Cassazione ha risolto una storica diatriba giurisprudenziale riguardante la corretta interpretazione dell’articolo 4 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, in materia di applicazione dell’imposta di registro agli atti di fusione e scissione in cui risultino coinvolte società semplici (non agricole).
Ad un esame dell’art. 4 di cui sopra, risulta evidente come la disposizione risulti strutturata in due blocchi distinti; il primo blocco delinea l’ambito di applicazione della norma (su tale parte si è concentrato il contrasto interpretativo a livello giurisprudenziale ora orientato dalla Sentenza in commento), mentre il secondo blocco riporta un elenco tassativo degli atti societari soggetti ad imposta di registro in base alle proprie caratteristiche.
Ad esempio, la lett. b) di tale secondo blocco prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa, pari a 200 euro, per gli atti di “fusione tra società, scissione delle stesse, conferimento di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa fatto da una società ad altra società esistente o da costituire”.
Il problema, tuttavia, nasceva sul primo blocco della norma, laddove, delineando l’ambito di applicazione della disposizione, viene fatto riferimento agli “atti propri delle società di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle società, compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole”.
Infatti, secondo una prima interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, l’art. 4 appena citato troverebbe applicazione solo per le società e gli enti “aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole“, pertanto, non potrebbe applicarsi agli atti delle altre società semplici (che non svolgono attività agricole) considerato che queste non possono avere ad oggetto attività commerciali.
Quindi, per tali realtà, società semplici non agricole, gli atti di fusione o scissione che le vedono coinvolte, scontano l’imposta di registro in modo proporzionale (aliquota del 3%) in base all’art. 9 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, in virtù del rinvio a tale norma operato dalla Nota III all’art. 4 sopra citato.
Secondo una diversa interpretazione, invece, la locuzione “aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole”, dovrebbe riferirsi solamente agli atti sottoscritti dagli “enti diversi dalle società” e, pertanto l’art. 4, che prescrive per tali atti l’applicazione della misura fissa dell’imposta di registro, riguarderebbe l’universalità delle società, senza necessità di operare il vaglio dell’oggetto sociale.
L’attuale Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite (n. 23051, pubblicata il 25 luglio 2022), sottoscrive e sancisce la validità di tale seconda interpretazione, pronunciando il seguente principio di diritto: “l’atto di scissione relativo a società semplice è assoggettato, ex art. 4 Tariffa Parte Prima all. D.P.R. 131/86, ad imposta di registro in misura fissa, dal momento che il requisito normativo dell’oggetto esclusivo o principale di natura commerciale o agricola non concerne le società, ma soltanto gli enti diversi da queste”.
A conclusione del suo intervento, la Corte Suprema, con l’intento di affievolire le ragioni che alimentavano il clima di incertezza che si era creato a seguito di precedenti orientamenti dalla stessa espressi (Sentenze n. 227/2021 e n. 4763/2009), ha affermato che le pronunce precedentemente pubblicate riguardavano, in concreto, enti non commerciali (per i quali non vi è dubbio sulla necessità di vagliare l’oggetto sociale per valutare l’applicabilità della misura fissa di registro di cui all’art. 4 della Tariffa), pertanto, a ben vedere, secondo i Giudici togati il contrasto giurisprudenziale non aveva, di fatto, mai trovato la sua ragion d’essere.