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Con la Risposta ad Interpello n. 403 del 2 agosto 2022, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato l’attenzione in merito a quelle situazioni che comportano (tra privati) la restituzione della caparra a seguito di risoluzioni di precedenti contratti preliminari.
Il caso posto al vaglio dell’Agenzia delle Entrate, riguardava il trattamento fiscale da riservare ad un contratto di mutuo consenso, redatto al fine di restituire la caparra confirmatoria previamente versata alla parte venditrice in occasione di un contratto preliminare redatto per l’acquisto di una porzione di fabbricato.
Infatti, essendo deceduta la parte acquirente prima della definizione del contratto di compravendita, gli eredi della stessa, non interessati all’acquisto dell’immobile, nella dichiarazione di successione avevano denunciato il credito corrispondente alla caparra versata dal de cuius in sede di sottoscrizione del contratto preliminare.
In accordo con la parte venditrice veniva stabilita la restituzione della caparra ricevuta e a tal fine veniva richiesto all’Amministrazione Finanziaria di esprimere un parere al riguardo in merito al trattamento fiscale del nuovo contratto di restituzione all’uopo predisposto.
L’Agenzia delle Entrate, rispondendo alla fattispecie posta alla sua attenzione, richiama, in primo luogo, quanto previsto dall’articolo 1372, Codice Civile, il quale stabilisce che “il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”.
Relativamente al mutuo consenso, questo è espressione dell'autonomia negoziale dei privati, i quali sono liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio e, quindi, di sciogliere il vincolo contrattuale, anche indipendentemente da eventuali fatti o circostanze sopravvenute, impeditive o modificative dell'attuazione dell'originario regolamento di interessi.
La stessa Corte di Cassazione (Sentenza n. 17503/2005) ebbe modo di affermare che con il mutuo consenso le parti volontariamente concludono un nuovo contratto di natura solutoria e liberatoria, con contenuto uguale e contrario a quello del contratto originario.
Con riferimento al trattamento tributario riguardante l’imposta di registro riservato a tale contratto con il quale viene risolto un precedente contratto, deve essere applicata la tassazione proporzionale, prevista dall’art. 28, comma 2, D.P.R. n. 131/1986, da calcolare con riferimento al valore delle prestazioni derivanti dalla risoluzione (stessa tassazione si applica all’eventuale corrispettivo convenuto per la risoluzione).
Pertanto, considerata la restituzione della caparra confirmatoria previamente versata in sede di contratto preliminare, sarà quest’ultima la base imponibile cui applicare l’imposta proporzionale del 3% disposta dall’art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986.
Tutto ciò dipende dal fatto che ai fini fiscali occorre distinguere l'ipotesi in cui è presente una clausola risolutiva espressa - contestuale al contratto originario, ovvero stipulata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto, con le modalità indicate dalla norma - dall'ipotesi in cui le parti, mediante autonoma espressione negoziale (mutuo consenso), optino per la risoluzione del medesimo contratto originario.
Infatti, al primo caso (clausola risolutiva espressa) si applicherebbe l'imposta proporzionale solo se per la risoluzione fosse previsto un corrispettivo e solo sull'ammontare di quest'ultimo, diversamente mancando un corrispettivo l’imposta di registro andrebbe applicata in misura fissa.