Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Con la Risposta ad Interpello n. 428 del 12 agosto 2022, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’importo dell’imposta di bollo addebitato in fattura al cliente da un contribuente forfetario assume la natura di ricavo o compenso e, pertanto, concorre alla determinazione forfetaria del reddito soggetto a imposta sostitutiva.
Un contribuente operante nel regime forfetario di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, Legge n. 190/2014, ha presentato istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate chiedendo chiarimenti circa l’assoggettabilità a tassazione dell’imposta di bollo addebitata in fattura alla clientela.
I contribuenti che si avvalgono del regime forfetario, infatti, non addebitano l’IVA in rivalsa e, pertanto, le fatture da loro emesse, se d’importo superiore alla soglia di 77,47 euro, devono essere assoggettate all’imposta di bollo sin dal momento della loro formazione.
Secondo il contribuente istante, l’importo del bollo addebitato in fattura non può essere ricompreso nella nozione di “ricavo o compenso” richiamata dall’art. 1, comma 64, Legge n. 190/2014. Infatti, l’art. 22, comma 2, D.P.R. n. 642/1972, recante la disciplina dell’imposta di bollo, prevede la solidarietà passiva nel pagamento in capo a tutti coloro che fanno uso di un atto, documento o registro non soggetto al bollo fin dall’origine e, di conseguenza, l’importo del reddito imponibile sarebbe diverso a seconda che il committente anticipi il costo della marca da bollo o, differentemente, quest’ultimo sia sostenuto dal soggetto emittente che poi lo trasla sul cliente finale.
Dopo aver rammentato che nell’ambito del regime forfetario il reddito imponibile si determina applicando un coefficiente di redditività all’ammontare dei ricavi o compensi percepiti, l’Agenzia delle Entrate, pur confermando il principio di solidarietà recato dall’art. 22, D.P.R. n. 642/1972, ha evidenziato che l’obbligo di apposizione del contrassegno sulle fatture o sulle ricevute è posto a esclusivo carico del soggetto che consegna o spedisce il documento, giacché su tale tipologia di atti l’imposta di bollo è dovuta fin dall’origine, ossia dal momento della loro formazione.
Di conseguenza, poiché l’obbligo di corrispondere il tributo è posto in via principale a carico del prestatore, la somma che questi richiede a titolo di rimborso dell’imposta di bollo fa parte integrante del suo compenso, concorrendo, pertanto, alla determinazione forfetaria del reddito soggetto all’imposta sostitutiva del 15% o del 5%.
L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate si pone sulla falsariga di quanto dalla stessa già espresso nell’ambito della Circolare n. 5 del 14 maggio 2021 (paragrafo 3.3). In relazione alla fruizione dei contributi a fondo perduto erogati in conseguenza dell’emergenza sanitaria. In tale documento di prassi, l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto del cliente, se regolarmente documentate, non devono essere computate nel reddito. Assumono, invece, rilievo i rimborsi spese (viaggio, vitto, alloggio, ecc.) addebitati in fattura al committente, tra i quali rientrano anche le spese addebitate ai clienti dai professionisti per l’imposta di bollo.