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Con l’emendamento passato al Senato riguardante il depotenziamento della responsabilità solidale in caso di cessione dei bonus casa, si tende a proteggere i cessionari dei crediti, limitandone quanto meno la corresponsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave.
Tuttavia, affinché ciò avvenga, la cessione del credito dovrà essere accompagnata da visti di conformità e asseverazioni varie che ne qualifichino la qualità, cosa, quest’ultima, sempre richiesta per le agevolazioni determinanti la maxi detrazione (110%), ma richiesta per gli altri bonus casa (ad esempio, recupero patrimonio edilizio, ecobonus, bonus facciate) solamente per le opzioni di cessione comunicate all’Agenzia delle Entrate a partire dal 12 novembre 2021.
Un’evidente impasse, sanato solo parzialmente dal Legislatore, si manifesta nei confronti di tutti quei crediti ceduti legittimamente prima che la disciplina antifrode ne regimentasse la circolazione attraverso la richiesta di visti e asseverazioni. Infatti, per ovviare a tale discriminazione, l’emendamento chiede di provvedere ora per allora al recupero della documentazione mancante.
A tal fine ricordiamo, inoltre, che la Legge di Bilancio 2022, intervenendo sull’art. 121, comma 1-ter, lett. b), D.L. n. 34/2020, ha consentito, per le opere classificate edilizia libera o di importo complessivo non superiore a 10.000 euro, che i crediti d’imposta da essi generati potessero essere ceduti legittimamente ai nuovi cessionari senza la predisposizione dell’attestazione di congruità delle spese.
La problematica che subito salta all’occhio, e che non è ancora stata chiarita da fonti ufficiali, è che le spese sostenute per la predisposizione delle documentazioni richieste (visti e asseverazioni), qualora sostenute contestualmente ai lavori svolti, davano origine ad una detrazione d’imposta corrispondente a quella prevista per gli interventi realizzati (cfr. art. 121 del D.L. n. 34/2020), mentre nulla è specificato nel caso in cui i visti e le attestazioni vengano predisposti in modo postumo, ossia su lavori definitivamente chiusi.
Non di meno, la dinamica degli interessi contrapposti fa sì che, mentre da una parte il fornitore ha interesse a rendere cedibile il proprio credito che ha “in pancia” “deresponsabilizzando” il più possibile il nuovo potenziale cessionario, dall’altra parte il titolare della detrazione originaria non ha alcun interesse a reperire tutta la documentazione necessaria alla predisposizione dei visti e delle asseverazioni anche qualora la spesa fosse sostenuta dal suo fornitore.
In tale ultimo caso, oltretutto, dubbi sulla legittimità ad operare la detrazione d’imposta sulle spese riguardanti i visti e le attestazioni riferiti a lavori eseguiti a suo tempo da un diverso soggetto, trovano abbondante terreno fertile.
Per ultimo, consideriamo anche la possibilità, in caso di prossima autorizzazione alla detrazione espressa da fonti ufficiali, in cui la detrazione sui visti e sulle attestazioni fosse riferita a lavori agevolati dal bonus facciate eseguiti in vigenza della detrazione del 90%.
Il contribuente si vedrebbe automaticamente declassare la detrazione al 60% qualora predisponesse la documentazione entro l’anno in corso, con il rischio di vederla totalmente annullata in caso di mancato rinnovo dell’agevolazione (bonus facciate) per l’anno 2023 e contestuale richiesta, da parte del fornitore, di predisporre i documenti necessari.