La prelazione del proprietario confinante ha carattere residuale e trova applicazione allorquando sul fondo posto in vendita non sia insediato un affittuario Coltivatore Diretto in forza di un regolare contratto di affittanza.
A seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 154/2016, la prelazione del confinante può essere ora esercitata, non soltanto dal Coltivatore Diretto, ma anche dall’Imprenditore Agricolo Professionale (IAP), purché iscritto alla previdenza agricola.
La diversità dei due soggetti aventi diritto di prelazione si ripercuote, inevitabilmente, sul differente onere probatorio gravante sui medesimi.
Il coltivatore diretto, al di là della mera iscrizione presso il Registro delle Imprese e della certificazione dell’iscrizione previdenziale INPS, deve, in concreto, provare che la sua capacità lavorativa, unitamente a quella della di lui famiglia, sia pari ad almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo e del governo del bestiame.
L’Imprenditore Agricolo Professionale, al contrario, oltre alla necessità di iscrizione alla previdenza agricola come IAP e al possesso di adeguate conoscenze e competenze professionali, deve dimostrare di dedicare all’attività agricola almeno il 50% del proprio tempo complessivo di lavoro traendo dall’attività agricola almeno il 50% del proprio reddito complessivo da lavoro. Per l’Imprenditore Agricolo Professionale non è, pertanto, richiesta la prova dell’effettiva attività manuale sul fondo.
A prescindere dalla qualifica rivestita dal proprietario confinante, è, inoltre, necessario che vi sia una coltivazione biennale del fondo posto a confine, potendo, a tal fine, essere sommati titoli differenti purché tutti legittimanti la prelazione (coltivazione in forza di un contratto di affitto prima e coltivazione in forza di un titolo di proprietà dopo). Qualora tale requisito oggettivo non sia soddisfatto è, pertanto, esclusa la prelazione del confinante.
Sul punto occorre esaminare il caso in cui un proprietario confinante abbia affittato il terreno di sua titolarità ad una società semplice di cui lo stesso sia socio.
La giurisprudenza di legittimità[1] ha, al riguardo, affermato che i diritti di prelazione e riscatto agrari costituiscono ipotesi tassative non suscettibili di interpretazione estensiva. Ne consegue che il diritto di prelazione del proprietario confinante non spetta “al socio della società semplice, affittuaria del fondo rustico, ancorché egli sia anche comproprietario del fondo ove l’attività agricola sia riferibile alla società quale autonomo centro di imputazione giuridica, richiedendo la norma la coincidenza tra la titolarità del fondo e l’esercizio dell’attività agricola.”
La massima enunciata dalla Corte di Cassazione è chiara nel precisare come risulti fondamentale la coincidenza tra la titolarità del fondo e la sua conduzione, requisito quest’ultimo che non risulta soddisfatto qualora colui che esercita l’attività agricola sia un soggetto giuridico diverso dall’effettivo titolare del terreno.
In conclusione, ai fini della prelazione del confinante, sia il coltivatore diretto sia l’Imprenditore Agricolo Professionale, al di là delle tangibili differenze sussistenti tra le due figure, debbono esercitare direttamente attività agricola sul proprio fondo.
[1] Cass. Civile, 25 marzo 2016, n. 5952.
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