Con l’Ordinanza n. 3462 del 25 gennaio 2023, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della rivalutazione dei terreni di cui all’art. 7, Legge n. 448/2001. I Giudici di legittimità, in particolare, oltre a ribadire che la cessione di un terreno ad un valore inferiore a quello previsto dalla perizia di stima non determina la decadenza dal regime agevolato, hanno evidenziato che la mancata indicazione, nell'atto di vendita, del valore del cespite, come rideterminato dalla perizia di stima, non pregiudica la fruizione del beneficio fiscale.
Evoluzione normativa
Come noto, l’art. 7, Legge n. 448/2001, ha introdotto la possibilità di rivalutare il costo di acquisto di terreni e partecipazioni, previo versamento di un’imposta sostitutiva.
Lo scopo della rivalutazione è di rideterminare, aggiornandolo, il costo di acquisto di terreni e di partecipazioni, al fine di conseguire una minore plusvalenza tassabile all’atto della loro cessione; in luogo del costo o del valore di acquisto iniziale, infatti, è preso a riferimento, ai fini della determinazione dell’eventuale plusvalenza, il valore attribuito al bene dalla perizia giurata di stima.
Nel corso degli ultimi anni tale opportunità è stata oggetto di reiterate proroghe. Da ultimo, l’art. 1, commi da 107 a 109, Legge n. 197/2022, c.d. Legge di Bilancio 2023, ha riproposto la possibilità di rideterminare il costo di acquisto di:
- terreni edificabili e agricoli posseduti a titolo di proprietà, usufrutto, superficie ed enfiteusi;
- partecipazioni possedute a titolo di proprietà o di usufrutto.
La nuova rivalutazione opera in relazione ai terreni e alle partecipazioni posseduti alla data del 1° gennaio 2023, non in regime impresa, da persone fisiche, società semplici, associazioni professionali ed enti non commerciali.
Rispetto alle precedenti versioni dell’agevolazione, è ora previsto che la rideterminazione del valore sia estesa alle partecipazioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione. In questo caso, per la determinazione della plus/minusvalenza può essere assunto, in luogo del costo di acquisto, il valore normale di cui all’art. 9, TUIR, con riferimento al mese di dicembre 2022, assoggettato ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.
Ai fini della rivalutazione è richiesta, entro il termine del 15 novembre 2023:
- la redazione e l’asseverazione della perizia di stima;
- il versamento dell’imposta sostitutiva, fissata nella misura (unica) del 16%.
L’imposta sostitutiva, in particolare, può essere versata in un’unica soluzione o in un massimo di tre rate annuali di pari importo; sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi del 3% annuo.
Peraltro, nell’ambito della Riforma fiscale, è prevista l’introduzione, a regime, di un’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni.
La cessione del terreno agricolo a un prezzo inferiore a quello di perizia
Secondo costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la scelta del contribuente di determinare il valore di un bene applicando il regime agevolato di cui all’art. 7, Legge n. 448/2001, non produce alcun vincolo sulla successiva alienazione dello stesso e non pregiudica, pertanto, la facoltà di cedere il bene a un prezzo inferiore a quello rideterminato dalla perizia di stima.
Al ricorrere di tale ipotesi, pertanto, deve ritenersi esclusa la decadenza del contribuente dal beneficio e la possibilità dell’Amministrazione Finanziaria di calcolare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri previsti dall’art. 68, TUIR (ossia, sulla base del costo di acquisto).
Infatti, il valore attribuito al bene dalla perizia di stima costituisce, ai sensi del comma 6 dell’art. 7, Legge n. 448/2001, il valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, di registro, ipotecarie e catastali.
Con le Sentenze nn. 2321 e 2322 del 31 gennaio 2020, la Corte di Cassazione ha quindi enunciato un principio di diritto, secondo cui la cessione di un terreno con indicazione nel relativo atto di vendita di un corrispettivo inferiore al valore di perizia non determina la decadenza del contribuente dall’istituto della rivalutazione.
Con la recente Ordinanza n. 3462/2023, la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sull’argomento, precisando che la mancata indicazione, nell'atto di vendita di un terreno edificabile, del valore del cespite, così come rideterminato a norma della Legge n. 448/2001, non costituisce di per sé condizione ostativa alla facoltà del contribuente di assumere come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello individuato dalla perizia giurata di stima.
L’attività di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria
Le indicazioni della giurisprudenza di legittimità non pregiudicano, tuttavia, l’attività di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
Gli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria, infatti, conservano il potere di accertare la congruità del valore attribuito al cespite dalla perizia giurata di stima.
Di conseguenza, qualora venga accertato, a prescindere dal prezzo di cessione, un valore superiore rispetto a quello dichiarato nell’atto di vendita, l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente recuperare a tassazione la plusvalenza da cessione.
Anche in questo caso, tuttavia, la plusvalenza deve essere determinata avendo riguardo alla differenza tra il valore minimo normale dichiarato in occasione della rivalutazione del terreno (ossia, il valore sul quale il contribuente ha assolto l’imposta sostitutiva) e il nuovo valore accertato dall’Ufficio.
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