Dal punto di vista IVA, il processo di dismissione dei beni aziendali richiede il rispetto di taluni specifici adempimenti, al fine di vincere la presunzione di cessione recata dall’art. 1, comma 1, D.P.R. n. 441/1997.
Tale norma, si ricorda, prevede che si presumano ceduti i beni acquistati, importati o prodotti dall’impresa che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti.
La dismissione dei beni che non si trovano più nelle disponibilità del contribuente, poiché del tutto inservibili o, comunque, non più utilizzabili, richiede, in particolare, il rispetto delle procedure espressamente indicate dall’art. 2, D.P.R. n. 441/1997.
Qualora lo smaltimento dei beni non più utilizzabili sia affidato ad operatori specializzati nel recupero dei rifiuti, al fine di superare la presunzione di cessione è sufficiente predisporre un documento di trasporto (D.D.T.) recante l’indicazione che trattasi di trasporto per rottamazione, per poi conservare il formulario di identificazione di cui all’art. 193, D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. formulario rifiuti).
Quando, invece, è necessario smaltire un bene che, ancorché privo di un qualsivoglia valore, è comunque classificabile, secondo la normativa ambientale, tra gli scarti riutilizzabili (si pensi, ad esempio, a un macchinario sommerso dall’acqua e dal fango dal quale, tuttavia, possono essere recuperati alcuni componenti riutilizzabili), non ci si trova innanzi ad un’operazione esclusa da IVA per carenza del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta, ma a una vera e propria cessione di beni.
In questa ipotesi, infatti, il bene mantiene comunque un valore commerciale e la sua dismissione è dunque assimilata a una cessione di beni, con i conseguenti obblighi di emissione della fattura, registrazione e liquidazione dell’imposta.
Dal punto di vista operativo, in particolare, l’impresa che dismette un bene, o parte di esso, classificabile come riutilizzabile, affidandone il ritiro a un soggetto terzo, pone in essere un’operazione permutativa di cui all’art. 11, D.P.R. n. 633/1972.
A fronte della fattura emessa per la dismissione del bene, infatti, l’impresa riceve dall’operatore ambientale chiamato al ritiro del bene inutilizzabile la fattura relativa alla prestazione di ritiro e trasporto dello stesso.
La disciplina IVA prevede espressamente che entrambe le operazioni (la cessione del bene e la prestazione di raccolta dello stesso) debbano essere valutate singolarmente. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi devono essere assoggettate all'imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate.
L’obbligo di emissione della fattura ricorre dunque anche quando il ritiro del bene avviene gratuitamente, come pure quando il valore del bene e quello della prestazione di raccolta e trasporto si equivalgono o tendono ad equivalersi; in tale ipotesi, infatti, si realizza una permuta - cessione di beni contro prestazione di servizi - con un eventuale aggiustamento monetario tra le parti per la differenza.
Infine, si ricorda che l’articolo 74 del D.P.R. 633/1972 prevede una speciale disciplina per la cessione di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi, stracci, scarti di vetri, di gomma e plastica, nonché di bancali in legno (pallet) recuperati, ecc.; in tali casi il cedente emette fattura senza applicazione dell’IVA ai sensi del predetto art. 74.
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