Le modalità con cui vengono effettuate le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti derivanti dalla coltivazione sono in grado di incidere sulla corretta applicazione dell’IVA dei prodotti ottenuti.
In particolare, la manipolazione o la trasformazione dei prodotti agricoli può determinare significative conseguenze ai fini IVA, soprattutto nel settore ortofrutticolo.
Caso emblematico è quello dei produttori di frutta che applicheranno:
- per la frutta derivante dall’attività di coltivazione, come previsto dal numero 18, Parte I della Tabella A allegata al D.P.R. 633/1972 (“frutta commestibile, fresca o secca, o temporaneamente conservata”), l’aliquota IVA del 4%;
- per la frutta manipolata o trasformata, l’aliquota IVA è diversa a seconda che tali lavorazioni vengano svolte:
- per ottenere marmellate e confetture;
- per ottenere frutta sciroppata per la sua conservazione;
- per ottenere succhi di frutta.
Marmellate e confetture
Marmellate e confetture sono prodotti riconducibili alla dicitura prevista dal numero 73, Parte III della Tabella A allegata al Decreto IVA. Per tali prodotti si prevede l’applicabilità dell’aliquota agevolata per “puree e paste di frutta, gelatine, marmellate, ottenute mediante cottura, anche con aggiunta di zuccheri (v. d. 20.05)”. Pertanto, per la cessione di marmellate e confetture si ritiene corretto applicare l’aliquota ridotta del 10%.
Frutta sciroppata
La preparazione per garantire una migliore conservazione alla frutta è un’attività in grado di modificarne l’aliquota IVA. La frutta sciroppata, infatti, può essere ricondotta all’interno della previsione della Tabella A allegata al D.P.R. 633/1972, Parte III, che ricomprende al numero 74 “frutta altrimenti preparata o conservata, anche con aggiunta di zuccheri (v. d. ex 20.06)”. Pertanto, deve essere applicata l’aliquota ridotta del 10%.
Succhi di frutta
L’applicazione dell’IVA ai succhi di frutta rappresenta una questione che, nel corso degli anni, è stata spesso dibattuta, tanto che alcuni produttori agricoli applicavano l’aliquota IVA al 10% ed altri al 22%, generando così una concorrenza sleale nel mercato.
La diversa applicazione dell’imposta nasceva dalla differente composizione del prodotto ottenuto. Di fatti, una risoluzione dell’Agenzia Entrate (n. 272/E/2009) aveva chiarito che, se il prodotto oggetto di cessione presenta un evidente quantitativo di polpa, deve essere applicabile l’aliquota IVA del 10%.
Contrariamente, se il prodotto si presenta limpido (trasparente) e sostanzialmente privo di polpa, lo stesso rientrerà nella categoria dei succhi di frutta e sarà assoggettato ad aliquota IVA pari al 22%.
Dirimente, quindi, risulta il processo di produzione che viene svolto per ottenere il prodotto finale.
Su tale questione di recente è nuovamente intervenuta l’Agenzia delle Entrate pubblicando due distinte risposte ad interpello (312/2023 e 313/2023).
Nel primo caso l’Agenzia delle Entrate si è espressa sull’aliquota IVA applicabile alle cessioni di un succo ottenuto dalla miscela, non fermentata, di purea di frutta e di succhi di frutta e di ortaggi, senza aggiunta di acqua al di fuori di quella strettamente necessaria alla ricostituzione dei succhi concentrati.
Il prodotto si presentava sotto forma di un liquido torbido di colore arancio, con odore tipico delle specie vegetali utilizzate e dal gusto dolce. La percentuale di polpa accertata era del 55,3%.
La società istante, vista la consistenza torbida della bevanda, appellandosi a quanto sostenuto dalla risoluzione del 2009 sopra citata, riteneva che il prodotto dovesse essere ricompreso nella voce “Frutta altrimenti preparata e conservata, anche con aggiunta di zuccheri”, cui il n. 74) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972, con conseguente applicazione dell’aliquota IVA del 10%.
A medesime considerazioni era giunta anche la società istante del secondo interpello che riteneva di dover applicare l’aliquota del 10% alle cessioni di un succo composto da più frutti con vitamine D e C. Per la produzione del prodotto, erano utilizzati solo puree e succhi ricavati dalla spremitura diretta di alcuni frutti, senza impiegare concentrati ricostituiti o subire processi di fermentazione. Successivamente il prodotto è stato sottoposto a ulteriori lavorazioni e, in particolare, alla separazione delle parti solide dal succo mediante enzimi o centrifuga, filtrazione o pastorizzazione.
Il prodotto si presentava sotto forma di un liquido torbido di colore giallo arancio, dall’odore fruttato e dal gusto dolce. La percentuale di polpa accertata e del 22,4%.
Sia nell’ambito della Risposta n. 312/2023 che della Risposta n. 313/2023, sulla base del parere tecnico rilasciato dall’Agenzia delle Dogane, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che i prodotti oggetto delle istanze di interpello dovessero essere classificati nella sottovoce doganale “NC 2009 90”, “Succhi di frutta o di frutta a guscio (compresi il mosto di uva e l'acqua di cocco) e di ortaggi e legumi, non fermentati, senza aggiunta di alcole, anche addizionati di zuccheri e di altri dolcificanti”, ossia in una categoria merceologica diversa da quella indicata dal n. 74 della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972.
Di conseguenza, la cessione di tali prodotti non potrà beneficiare dell’aliquota IVA ridotta del 10%, dovendo essere assoggettato all’aliquota IVA ordinaria del 22%.
Conclusioni
Ciò che emerge dalle risposte agli interpelli citati, le differenti categorie di prodotti ottenuti, i diversi processi di produzione, i differenti prodotti utilizzati e l’aggiunta di diversi elementi nelle bevande, sono fattori fondamentali per individuare la corretta applicazione dell’aliquota IVA alla cessione dei prodotti ottenuti.
Pertanto, prima di decidere in autonomia quale aliquota applicare ai prodotti manipolati e trasformati, suggeriamo di rivolgersi ad un consulente che possa individuare la corretta classificazione merceologica assegnata a tali prodotti.
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