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La legge di delega fiscale, attualmente al vaglio del Parlamento, prevede la possibilità di interventi anche sulla fiscalità del settore agricolo.
Dopo la grande riforma del settore agricolo del 2001, che ha riscritto l’articolo 2135 del Codice Civile, sono seguiti i necessari “aggiustamenti” anche sul piano fiscale, che però non sempre convergono con la nuova definizione di attività agricola voluta dal Legislatore. La riforma dovrebbe intervenire anche per dare maggiori certezze sulle attività agricole connesse, ma senza contravvenire alle limitazioni previste dai Regolamenti europei.
Nella legge delega si propone di intervenire sulle nuove tecniche di coltivazione che sempre meno necessitano del fondo e, inoltre, determinano una capacità produttiva, pur nel rispetto del ciclo biologico, ben più elevata rispetto alle coltivazioni tradizionali.
La necessità di limitare l’utilizzo di energia, di risorse idriche e prodotti chimici determina il moltiplicarsi di attività altamente specializzate, esercitate in ambienti protetti. Sempre più si sviluppano le vertical farm, le coltivazioni idroponiche o quelle acquaponiche, nelle quali non vi è alcun utilizzo del terreno agricolo. La rivoluzione riguarda anche l’attività di allevamento, sia per quanto attiene la richiesta di allevare nuove specie animali (insetti, batteri, specie esotiche, ecc.) destinate non solo all’alimentazione umana, il cui sostentamento, come nel caso di animali carnivori o batteri, non ha alcuna connessione al fondo agricolo. Su questi aspetti, l’articolo 2135 del Codice Civile, al fine di inquadrare un’attività nell’alveo dell’agricoltura, pone in rilievo la cura e lo sviluppo del ciclo biologico, ammettendo anche un utilizzo “solo potenziale” del suolo.
Nella delega fiscale, oltre a definire nuove classi e qualità di colture, dovrà essere indicato il confine entro il quale il reddito di tali attività potrà essere assorbito dal reddito agrario e quello che invece dovrà confluire nei redditi d’impresa (nonostante l’attività all’origine sia comunque un’attività agricola).
La legge delega offre l’occasione di fare chiarezza sulle attività agricole connesse. Attualmente, il decreto che ogni due anni dovrebbe aggiornare i prodotti ottenibili dall’attività di manipolazione e trasformazione dei prodotti ricavati prevalentemente dall’attività di coltivazione silvicoltura e allevamento, come evidenziato dalla stessa giurisprudenza, presta il fianco a delle censure anche quando il produttore agricolo lo applica pedissequamente alle attività svolte. La mancanza di organicità e coerenza di questo provvedimento, ha determinato anche talune prese di posizione dell’Amministrazione in qualche modo “contraddittorie”.
Ad esempio, il Decreto 11 luglio 2007, prevedeva tra le attività agricole connesse la “Produzione di carne essiccata, salata o affumicata (speck, prosciutto crudo, bresaola), produzione di salsicce e salami (ex 15.13.0)”.
Con la locuzione “ex”, il Legislatore ha voluto limitare le attività di trasformazione alle sole produzioni espressamente indicate nel Decreto, ovvero:
Successivamente, a partire dal Decreto 5 agosto 2010, tale attività è stata rivista, escludendo la definizione di prosciutto crudo, speck e bresaola. Infatti, la definizione presente a partire dal D.M. 05 agosto 2010 è la seguente: “Produzione di carne essiccata, salata o affumicata, salsicce e salami (ex 10.13.0)”.
Apparentemente, analizzando il processo produttivo, non si scorgono differenze tra le produzioni tuttora ammesse e quelle “censurate”. I prodotti rimossi dall’elenco a partire dal 2010 dovrebbero, a rigor di logica, essere soggetti a tassazione ai sensi dell’articolo 56-bis del TUIR, pertanto il reddito dovrebbe essere determinato applicando, sui relativi corrispettivi IVA, il coefficiente di redditività del 15%.
Ebbene le eccezioni le ha applicate la stessa Amministrazione Finanziaria. Con la Risposta all’Interpello n. 954-1328/2016 l’Amministrazione ha sostenuto che l’attività di produzione di caviale deve essere qualificata come un’attività agricola e, pertanto, può rientrare nel reddito agrario del produttore.
Stando alla regola generale, possono rientrare all’interno del reddito agrario tutte le attività e i beni ricompresi all’interno del D.M. 13 febbraio 2015, che definisce, appunto, tutti i beni che possono essere oggetto delle attività connesse ai sensi dell’art. 32 del TUIR.
Se l’attività di lavorazione dello storione può pacificamente rientrare all’interno della predetta voce, decisamente più controversa è la questione che riguarda la raccolta delle uova per la produzione di caviale.
Il D.M. del 2015, elencando le attività di lavorazione, ha correttamente richiamato il codice ATECO 10.20.0. La presenza della locuzione ex, tuttavia, viene generalmente intesa come tassativa: come detto, si è sempre interpretato che solo le voci manifestamente riportate nel decreto rientrassero tra le attività connesse e che non fosse possibile una estensione della voce a tutte le attività ricomprese all’interno del codice ATECO nominato.
In questo caso, però, l’Agenzia si è espressa in senso diametralmente opposto: la produzione del caviale può essere considerata come attività agricola connessa anche se non è espressamente indicata nel decreto e solo per il fatto che risulta ricompresa all’interno del richiamato codice ATECO 10.20.0 (“produzione di prodotti a base di pesce, crostacei e molluschi: filetti di pesce, uova, caviale, succedanei del caviale eccetera”), seppur non riportata nel D.M. 13 febbraio 2015.
Autorevole dottrina ha ritenuto che una simile lettura del citato decreto potrebbe essere d’aiuto anche per altri prodotti, tra i quali “il prosciutto crudo, la coppa e simili[1]”. Tali prodotti, se considerati compresi nelle definizioni del D.M. 13 febbraio 2015 e se derivanti dalla prevalente utilizzazione dei prodotti ottenuti dall’attività di allevamento del produttore, potrebbero beneficiare della tassazione fondiaria (articolo 32 TUIR).
Tornando alla delega fiscale, è sempre più evidente l’impatto delle attività umane sul clima e sull’ambiente; pertanto, tra le attività che si dovranno regolare, non possono non esservi comprese quelle che gli imprenditori agricoli potranno virtuosamente intraprendere per ridurre le emissioni di carbonio e, conseguentemente, i redditi che potranno derivare dalla cessione dei crediti di carbonio maturati. Come già avviene per la produzione di energia, è auspicabile che, in un’ottica di semplificazione, anche tali redditi possano essere determinati forfettariamente.
Nella delega è prevista l’introduzione di sistemi digitali che consentano l’automatica rilevazione delle colture praticate e del conseguente aggiornamento annuale in catasto e, inoltre, la possibilità di riconoscere incentivi attualmente riservati ai Coltivatori Diretti e agli IAP, anche ai titolari di redditi di pensione o soggetti con redditi di modesta entità che svolgono attività agricole. Infatti, in molti territori, tali figure rappresentano un importante presidio sia per il mantenimento delle produzioni tipiche e del paesaggio che per il mantenimento in sicurezza del territorio sotto il profilo idrogeologico.
[1] Gian Paolo Tosoni, Sole 24 ore 11 aprile 2017, “Produttori di caviale a reddito agrario”.