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Il Tribunale di Roma si è pronunciato in merito al caso di una cooperativa edile, la quale si era opposta al decreto ingiuntivo del socio ritenendo che - in mancanza di decisione dell’organo amministrativo - il recesso non si potesse considerare come perfezionato.
Il Tribunale di Roma ha emesso sentenza riguardo il caso di un socio di società cooperativa edilizia che, dopo aver esercitato il recesso, ha ottenuto l’ingiunzione di pagamento relativo al proprio credito nato dal rapporto mutualistico. La società cooperativa ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo ritenendo che il recesso del socio non si fosse mai perfezionato, non essendo stato il recesso accettato dal Consiglio di amministrazione.
Con Sentenza n. 1093 del 2 gennaio 2023, il Tribunale di Roma ha rigettato l'opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla società cooperativa, confermando quindi il perfezionamento del recesso anche in mancanza dell’accettazione da parte dell’organo societario.
Si espongono di seguito i fatti di causa e la decisione del Tribunale di Roma.
In base a quanto leggiamo in Sentenza, il socio della cooperativa aveva versato a favore della società cooperativa importi riconducibili per la maggior parte ad acconti per la futura assegnazione di un alloggio.
Il socio aveva quindi esercitato il diritto di recesso, senza ricevere riscontro da parte della società cooperativa. A seguito del silenzio assenso, il socio quindi riteneva efficace il recesso a causa della mancata comunicazione di elementi ostativi da parte del consiglio di amministrazione della società entro i sessanta giorni previsti dall’articolo 2352 comma 2 del Codice Civile[1].
Era stato quindi depositato dallo stesso il ricorso per l’ottenimento del decreto ingiuntivo, avente ad oggetto gli importi versati per gli acconti e ora indebitamente trattenuti dalla società.
La società proponeva opposizione, adducendo che il recesso non si fosse perfezionato, non essendo stata provata l’accettazione da parte della società; inoltre l’opponente riteneva che non fosse possibile il perfezionamento del recesso in ragione del principio di silenzio assenso.
Il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla cooperativa.
Per quanto concerne la presunta mancanza di comunicazione del recesso da parte del socio, il Giudice ha ricordato che il potere discrezionale degli organi societari - precipuamente l’obbligo di cui all’art. 2352 comma 2 del Codice Civile che prevede l’autorizzazione del CDA entro sessanta giorni - non può essere esercitato in modo arbitrario, né tradursi in un rifiuto a provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell'approvazione, non potendo il diritto di recesso essere reso eccessivamente gravoso.
In particolare, secondo il Tribunale di Roma, la clausola che preveda la necessaria autorizzazione del consiglio di amministrazione, si deve qualificare come una “condizione di efficacia della dichiarazione unilaterale recettizia del socio”.
Pertanto, in caso di inerzia dell'organo societario, risulta applicabile l'art. 1359[2] del Codice Civile, in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento.
Nel caso di specie, dunque, decorsi sessanta giorni dalla comunicazione del recesso la condizione si ha per avverata e l'autorizzazione riconosciuta.
Il Tribunale ordinario di Roma ha quindi rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo promossa dalla società cooperativa, considerando quindi perfezionato il diritto di recesso del socio, anche in mancanza di una accettazione esplicita da parte dell’organo societario preposto.
[1] “2. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata con raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro sessanta giorni dalla ricezione. Se non sussistono i presupposti del recesso, gli amministratori devono darne immediata comunicazione al socio, che entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi il tribunale”;
[2] Avveramento della condizione - “La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa”.