Nella Risposta ad Interpello n. 381 del 12 luglio 2023, l’Agenzia delle Entrate ha reso la propria interpretazione circa l’applicazione della disciplina dei redditi diversi del TUIR, distinguendo tra la costituzione del diritto di usufrutto e le servitù prediali.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, la costituzione di un diritto di usufrutto su di un terreno agricolo acquistato da oltre cinque anni genera un reddito diverso in capo al concedente, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. h) TUIR. Tale reddito è dato dall’ammontare percepito nel periodo d’imposta, al netto delle spese inerenti il reddito prodotto.
L’art. 67, TUIR, elenca una serie di redditi che non rientrano nelle precedenti categorie previste dal medesimo decreto (redditi fondiari, di capitale, da lavoro dipendente, da lavoro autonomo e redditi d’impresa).
All’intento di questa lista di redditi, alla lett. b), sono previste le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni. Il relativo reddito, ai sensi dell’art. 68, TUIR, è costituito dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. La disposizione precisa, inoltre, che per gli immobili acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.
Alla successiva lett. h) del medesimo art. 67, TUIR, sono indicati, tra i redditi diversi, quelli derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili.
In base alla regola generale, stabilita dall’art. 9, comma 5, TUIR: “Ai fini delle imposte sui redditi, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società.”
È evidente, quindi, che nel caso di costituzione di un diritto reale di godimento, come nell’ipotesi di usufrutto o di servitù di passaggio, si pone il problema di stabilire quale delle due definizioni (lett. b) o lett. h) debba applicarsi, vista anche la rilevante differenza circa le modalità di definizione del reddito.
Sul tema, il Notariato, con lo Studio n. 32-2017/T, era giunto alla conclusione che:
- rientra nella lett. h) dell’art. 67, TUIR, solo l’atto di cessione del diritto di usufrutto posto in essere dall’usufruttuario (art. 980, Codice Civile);
- rientrano, invece, nella lett. b) dell’art. 67, TUIR, tutti gli altri casi di cessione e costituzione di diritti reali in virtù dell’equiparazione alle cessioni immobiliari sancita dall’art. 9, comma 5, TUIR.
Nella seconda ipotesi vi doveva rientrare anche la costituzione dell’usufrutto da parte del pieno proprietario.
Nella citata Risposta ad Interpello n. 381/2023, l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un istante che intendeva costituire un diritto di usufrutto trentennale su di un terreno agricolo (già affittato per usi non agricoli, ossia per servizi di telefonia) a favore di un terzo, non ha condiviso l’orientamento espresso dal Notariato.
L’istante, nel medesimo accordo, avrebbe anche costituito un diritto di servitù di cavidotto e una servitù di passaggio sul proprio terreno; inoltre, si obbligava a non realizzare sui propri terreni agricoli o sugli immobili adiacenti, entro il raggio di cinque chilometri, antenne o impianti analoghi a quelli presenti sul terreno oggetto della costituzione di usufrutto trentennale.
L’Agenzia delle Entrate, richiamando la Risoluzione Ministeriale n. 77/020 del 12 gennaio 1993, ha ribadito che con riferimento alla concessione in usufrutto di beni immobili, è stato precisato che il presupposto impositivo previsto dalla lett. h), comma 1, dell’art. 67, TUIR, si realizza in capo al cedente il diritto reale di godimento, in quanto il termine “concessione” adoperato dal Legislatore deve intendersi in senso atecnico, in riferimento a tutti gli atti giuridici aventi l’effetto di trasferire ad altri la potenzialità reddituale di un immobile.
L’Agenzia delle Entrate giunge quindi alla conclusione che, per quanto riguarda i diritti reali di godimento su beni immobili, occorre operare una distinzione:
- in relazione alla costituzione del diritto di usufrutto trova sempre applicazione la definizione contenuta alla lett. h) dell’art. 67, TUIR e, pertanto, la stessa genera un reddito dato dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta al netto delle spese direttamente inerenti a tale fonte di reddito;
- in relazione alla costituzione di un diritto di servitù prediale, si applica quanto previsto dall’art. 9, comma 5, TUIR e, pertanto, la stessa è ricondotta alla lett. b) dell’art. 67, TUIR, producendo reddito di natura diversa solo nell’ipotesi in cui l’immobile sia nella disponibilità del cedente da oltre cinque anni.
Riteniamo che l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate determini una incomprensibile disparità di trattamento, sul piano fiscale, in relazione alla costituzione del diritto reale di godimento di un bene immobile. Inoltre, in base a tale interpretazione, ogni atto a titolo oneroso con il quale si costituisce il diritto di usufrutto su un immobile determinerebbe, sempre e comunque, un reddito diverso.
Appare più logica e coerente l’interpretazione del Notariato che, invece, aveva operato una distinzione tra la cessione del diritto di usufrutto (art. 67, lett. h), rispetto alla costituzione in favore di altri da parte del titolare del diritto di proprietà sull’immobile (art. 67, lett. b). Tale interpretazione appare condivisa dalla dottrina prevalente e, conseguentemente, riteniamo sia stata adottata in molti casi dai professionisti o dai CAF incaricati di redigere le dichiarazioni dei redditi per i propri assistiti. Ora si pone la necessità di valutare sull’opportunità di rimettere mano alle dichiarazioni presentate negli ultimi anni per coloro che hanno concesso il diritto di usufrutto su immobili.
Per il futuro, stando all’orientamento espresso dall’Amministrazione Finanziaria, occorre valutare in alternativa alla costituzione di un diritto di usufrutto, ove possibile, la cessione del diritto di superficie. Infatti, secondo quanto chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 6/E/2017, la costituzione o la cessione, a titolo oneroso, di diritti reali di godimento e, nel caso specifico, del diritto di superficie, è soggetta alla disciplina contenuta nell'art. 67, comma 1, lett. b), TUIR. Pertanto, la costituzione del diritto di superficie genera una plusvalenza qualora il terreno agricolo sia posseduto da meno di cinque anni e, in ogni caso, per le aree fabbricabili.
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