Nella giornata di ieri, al convegno organizzato dalla Fondazione Gian Paolo Tosoni e dal Sole24ore, sono state approfondite le criticità del sistema fiscale del settore agricolo, spesso disallineato con la disciplina civilistica.
“Una volta aggiornato il catasto con dati concreti, la digitalizzazione in agricoltura prevista dalla delega fiscale diventerà anche strumento di controllo da parte della Pubblica Amministrazione: le due cose cammineranno insieme”.
Con queste parole, il Viceministro Maurizio Leo ha sintetizzato l’avvio della riforma fiscale proposta per il settore agricolo.
L'articolo 2135 del Codice Civile rappresenta la disposizione che definisce chi può essere considerato un imprenditore agricolo e quali attività rientrano nell'ambito agricolo. L'indicazione attuale di tale articolo è il risultato di una significativa revisione operata con il Decreto Legislativo 228/2001, noto come Legge di orientamento, nell'ambito agricolo. La revisione è stata avviata con la Legge delega 57/2001, che ha affidato al Governo il compito di orientare e modernizzare il settore agricolo al fine di promuovere la multifunzionalità.
La riforma del 2001 ha operato su una disciplina incardinata su concetti arcaici dell’attività agricola ove l’attività era fondata principalmente sul fattore terra, sulla centralità del lavoro manuale dell’imprenditore e della sua famiglia, sul concetto di esercizio normale dell'agricoltura. Quest’ultimo concetto consentiva di definire esclusivamente le attività agricole di trasformazione e manipolazione che fossero usuali per l'imprenditore agricolo, tenendo conto delle dimensioni dell'azienda e delle risorse necessarie per la loro realizzazione. È evidente che questi elementi centrali della definizione di attività agricola nella precedente formulazione dell’art. 2135 C.C. non si prestavano ad uno sviluppo del settore primario, specie con l’evoluzione delle tecniche agrarie, della diversa composizione degli operatori del settore, sempre più strutturati, e della competizione del mercato.
La legge di orientamento, con una visione ampia e dinamica, riscrivendo l'articolo 2135 del Codice Civile, ha dato rilievo al concetto di "ciclo biologico", il quale consente di includere tra le attività agricole anche quelle che utilizzano il terreno solo potenzialmente. Inoltre, l'esercizio normale dell'agricoltura è stato sostituito dal concetto di prevalenza, che permette di considerare “connesse” quelle attività che vengono svolte principalmente utilizzando prodotti derivanti dall'attività agricola principale.
La nuova definizione di imprenditore agricolo e il fatto che il terreno non sia più l'unico fattore determinante per il funzionamento dell'azienda agricola, ma uno tra quelli a sua disposizione, hanno consentito di includere nel perimetro della normativa anche attività che non utilizzano direttamente il terreno, come ad esempio le coltivazioni di alghe, batteri, coltivazioni indoor, colture idroponiche o le vertical farm.
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, la norma di riferimento è l'articolo 32 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che è stato riscritto dalla Legge 350/2006. Tuttavia, a differenza della normativa civilistica, questa disposizione resta ancorata al concetto di terreno: le attività agricole possono beneficiare di tassazione agevolata solo se svolte entro i limiti delle potenzialità del terreno.
Questa discrepanza ha come conseguenza che alcune attività considerate agricole dal punto di vista civilistico non lo sono dal punto di vista fiscale, nel senso che non soddisfano i requisiti per poter beneficiare della tassazione agevolata o, almeno, ne beneficiano solo in parte.
Un intervento previsto dalla legge delega che miri a colmare questa lacuna sarà estremamente utile. In tal senso, l'articolo 5, comma 1, lettera b) delega l'introduzione di nuove categorie e tipologie di coltivazioni al fine di tener conto dei sistemi di coltivazione più avanzati, nonché la revisione del relativo regime fiscale basato sul catasto.
Per le aziende, questo disallineamento tra disciplina civilistica e fiscale comporta, oltre ad una disparità di trattamento tra soggetti diversi che svolgono le medesime attività, incertezza sugli investimenti produttivi e, pertanto, un freno allo sviluppo del settore.
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