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Con l’Ordinanza n. 1744/2023, depositata il 7 luglio 2023, il TAR della Lombardia (Sez. I - Milano) ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la risoluzione di una serie di questioni pregiudiziali relative alla compatibilità della normativa nazionale sui c.d. “extraprofitti” delle società energetiche con l’assetto regolatorio europeo.
Il TAR di Milano ha affrontato diversi ricorsi presentati contro le Deliberazioni ARERA e l'art. 15-bis, che riguardano il prelievo degli extraprofitti sulla vendita dell'energia elettrica. Dopo l'annullamento iniziale della Delibera attuativa, seguito dalla sospensione cautelare del Consiglio di Stato, il TAR ha accolto le istanze dei produttori in modo ancora più determinato.
La sospensione delle sentenze TAR ha portato i difensori dei produttori a chiedere una nuova pronuncia su una questione cruciale: la conformità della misura adottata con il diritto europeo.
In particolare, il TAR ha rilevato che “l’art. 15-bis, al pari del Regolamento n. 2022/1854/UE, è stato emanato con la finalità di limitare, su base temporanea, i ricavi straordinari di mercato dei produttori di energia che hanno costi indipendenti dall’andamento dei prezzi del gas naturale, non utilizzandolo per la produzione, applicando un tetto a tali ricavi eccezionali, e distribuendo i relativi importi ai clienti finali”, ha messo in discussione che “le concrete modalità seguite dal Legislatore italiano per individuare il tetto siano conformi ai limiti fissati dallo stesso Regolamento n. 2022/1854/UE, ed alla normativa comunitaria in materia di energia, sia con riferimento alla sua entità che all’ambito dei soggetti a cui si applica”.
Secondo i Giudici milanesi, il tetto dei ricavi imposto dall’art. 15-bis, compreso tra i 56 ed i 75 euro/MWh, potrebbe non essere proporzionato e ragionevole, non essendo garantito ai produttori di mantenere il 10% dei ricavi al di sopra dello stesso, come invece richiesto dall’art. 39 del Regolamento n. 2022/1854/UE.
Inoltre, per il TAR “la misura italiana sembra anche inidonea a tutelare gli investimenti effettuati nel settore delle energie rinnovabili, e soprattutto, la capacità di effettuarne in futuro, con la finalità di espandere il ricorso a tali fonti, e non solo a mantenere i livelli attuali, come invece espressamente richiesto dalla normativa comunitaria in materia, oltreché non possa essere ritenuta opportuna l’applicazione di tale disposizione ad una singola categoria di soggetti e, segnatamente, ai produttori di energia che utilizzano fonti rinnovabili”.
Il TAR, pertanto, ha deciso di sollevare dei quesiti alla Corte di Giustizia, chiedendo se la normativa europea osti a una disciplina nazionale che stabilisca un tetto sui ricavi di mercato derivanti dalla vendita di energia elettrica ai sensi dell'art. 15-bis del D.L. 27.1.2022 n. 4, e che non preservi né incentivi gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili.
Qualora la Corte di Giustizia rispondesse positivamente a tali quesiti, riconoscendo il contrasto dell'art. 15-bis con il diritto dell’UE, ciò comporterebbe l'immediata caducazione di tutti gli atti e delle attività amministrative da esso derivanti, incluse le Deliberazioni ARERA, le Regole Tecniche GSE e le fatture emesse. Questa potrebbe rappresentare una svolta significativa per i produttori, garantendo una nuova via di tutela dei loro diritti contro il prelievo ritenuto illegittimo e vessatorio.
Il rinvio alla Corte di Giustizia Europea segna un importante passo nella controversia sull'art. 15-bis e sugli extra ricavi nel settore energetico. I produttori di energia elettrica attendono con interesse il responso della Corte, consapevoli che una risposta favorevole potrebbe cambiare radicalmente il quadro normativo e garantire una maggiore tutela dei loro interessi. Restiamo in attesa degli sviluppi futuri, mentre l'attenzione del settore rimane focalizzata sulla decisione della Corte di Giustizia.