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Con Sentenza n. 218/2023, depositata lo scorso 3 luglio 2023, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Bergamo, Sezione 2, è intervenuta in merito agli effetti sulla rendita catastale determinati dalla presentazione, da parte di un contribuente, di una planimetria di una unità immobiliare con la causale “Esatta rappresentazione grafica”.
In particolare, la questione sottoposta al vaglio dei Giudici di merito riguarda il contribuente che, mediante la procedura DOCFA (Documento Catasto Fabbricati), ha presentato una planimetria di un’unità immobiliare con la causale “Esatta rappresentazione grafica”. A seguito della presentazione del DOCFA, l’Agenzia delle Entrate ha aumentato la rendita catastale dell’immobile, senza tuttavia indicare i presupposti di fatto e di diritto posti a base della rettifica.
Poiché la procedura per segnalare l’esatta rappresentazione grafica di un immobile è normalmente utilizzata per correggere piccoli errori grafici che non comportano mutazioni nella geometria dell’immobile e variazioni dei dati di classamento, i Giudici di primo grado non hanno condiviso la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria, ritenendola infondata e immotivata.
La mera variazione volta ad aggiornare la rappresentazione grafica di un immobile non può dunque comportare, sugli stessi presupposti oggettivi e soggettivi, l’aumento della rendita catastale. Inoltre, la motivazione dell’avviso di accertamento catastale non può limitarsi a contenere le sole indicazioni della consistenza, della categoria della classe attribuita dall’Agenzia del Territorio, ma deve precisare, a pena di nullità, i presupposti di fatto e di diritto.
La problematica è stata affrontata anche dalla Corte di Cassazione (si veda, tra le altre, l’Ordinanza n. 27190/2022). Secondo i Giudici di legittimità, in particolare, è diritto del contribuente richiedere, in ogni momento, una revisione del classamento, non solo in forza di modifiche apportate all’immobile, ma anche al fine di chiedere all’Amministrazione di correggere i dati originariamente dichiarati e/o la rettifica della rendita attribuita.
In ordine al difetto di motivazione della revisione del classamento catastale di immobili urbani, la Suprema Corte ha poi ribadito a più riprese che la motivazione dell’atto, in conformità all’art. 3, comma 58, Legge n. 662/1996, non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’Agenzia del Territorio, ma deve invece specificare, a pena di nullità, ai sensi dell’art. 7, comma 1, Legge n. 212/2000, a quale presupposto la modifica debba essere associata, ossia al non aggiornamento del classamento o, invece, alla palese incongruità rispetto a fabbricati similari.
Al ricorrere di tale seconda ipotesi, l’atto impositivo deve indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto del riclassamento, al fine di consentire al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nella successiva fase contenziosa conseguente alla richiesta di verifica dell’effettiva correttezza della riclassificazione.