Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Le colture idroponiche sono tecniche di coltivazione “fuori suolo” che, mediante l’impiego di soluzioni nutritive e appositi macchinari, consentono la produzione di vegetali al di fuori del terreno agricolo, su un c.d. substrato inerte.
Dal punto di vista civilistico, tali peculiari coltivazioni sono qualificabili come attività agricole di cui all’art. 2135, Codice Civile. Infatti, il comma 2 dell’art. 2135 fa rientrare tra le attività di coltivazione del fondo anche quelle dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo.
Dal punto di vista fiscale, invece, l’allocazione delle colture idroponiche nell’ambito del reddito agrario appare assai incerta, specie quando l’attività non è svolta al di sopra di un suolo agricolo. Infatti, tra le attività agricole produttive di reddito agrario determinato su base catastale, l’art. 32, comma 2, lett. b), TUIR, fa esclusivo riferimento alle: “attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste”.
Affinché trovi applicazione la disciplina fiscale dei redditi agrari, è dunque necessario che le attività agricole siano esercitate su di un terreno, entro i limiti delle potenzialità dello stesso. Peraltro, anche le strutture fisse o mobili adibite alla produzione, ancorché provvisorie, devono necessariamente insistere su un terreno.
Le colture idroponiche, invece, oltre ad essere effettuate fuori suolo, sono spesso eseguite in fabbricati industriali, ove le strutture destinate alla produzione vegetale non sono sospese sopra alcun fondo agricolo (a differenza di quanto avviene per i bancali delle serre tradizionali).
Alle coltivazioni idroponiche parrebbe preclusa anche l’applicazione degli artt. 28, comma 4-bis, e 34, comma 4, TUIR. Tali disposizioni, infatti, prevedono che per la determinazione del reddito dominicale e agrario delle superfici adibite alle colture prodotte in serra o alla funghicoltura, in mancanza della corrispondente qualità di coltura nel quadro di qualificazione catastale, si applichi la tariffa d’estimo più alta in vigore nella Provincia di riferimento.
In considerazione dell’espresso riferimento alle sole “colture prodotte in serra o alla funghicoltura”, appare dunque assai dubbia l’applicazione delle sopraindicate disposizioni fiscali alle coltivazioni idroponiche eseguite in fabbricati industriali.
Una ulteriore problematica è poi costituita dalle concrete modalità applicative dell’art. 32, comma 2, lett. b), TUIR, in relazione alla determinazione della superficie su cui insiste la produzione vegetale. Le coltivazioni idroponiche, infatti, spesso richiedono l’utilizzo di macchinari che, pur non costituendo superfici di per sé adibite alla produzione vegetale, sono comunque ad essa indispensabili. Inoltre, alcune tecniche di coltivazione fuori suolo impiegano superfici non piane per la produzione (come, ad esempio, contenitori cilindrici per la germinazione o per la produzione di alghe). Talune coltivazioni, come le c.d. vertical farm, utilizzano poi fabbricati aventi un’estensione ridotta rispetto alle serre tradizionali, nei quali la produzione si sviluppa in verticale su una moltitudine di piani (invece dei due previsti dall’art. 32, comma 2, lett. b), TUIR).
Sulla base di tali considerazioni e in mancanza di chiarimenti ufficiali, appare quindi assai dubbia la possibilità di applicare la disciplina dei redditi agrari (e quella correlata dell’art. 56-bis, comma 1, TUIR) alle colture idroponiche.
Al fine di superare tali criticità, l’art. 5, comma 1, lett. b), n. 1), Legge n. 111/2023 (c.d. Legge delega di Riforma fiscale), prevede, opportunamente, l’introduzione di nuove classi e qualità di coltura che tengano conto dei più evoluti sistemi di coltivazione (come, appunto, le colture fuori suolo), riordinando il relativo regime di imposizione su base catastale ed individuando il limite oltre il quale l’attività eccedente produce reddito d’impresa.