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La disposizione che avrebbe dovuto agevolare la circolazione degli immobili ricevuti per donazione, mediante l’abrogazione della possibilità per i legittimari di richiedere la restituzione dell’immobile all’acquirente del donatario, costituisce una norma avente carattere ordinamentale e, pertanto, il Senato, nella seduta dello scorso 31 ottobre, ne ha disposto lo stralcio dal testo del D.D.L. Bilancio 2024. La disposizione sarà introdotta con un successivo apposito provvedimento normativo.
Tale disposizione, si ricorda, prevedeva l’abrogazione della possibilità, per i legittimari del donante (coniuge, discendenti e, in mancanza di costoro, anche ascendenti), di richiedere all’acquirente del donatario la restituzione dell’immobile donato.
L’attuale disciplina, invece, prevede che una volta accertato che la donazione lede il diritto del legittimario a conseguire la sua quota di legittima, costui debba innanzitutto escutere il donatario e, in caso di escussione infruttuosa:
La portata di tale norma è stata mitigata ad opera del D.L. n. 35/2005, il quale ha introdotto una limitazione alla sua efficacia, prevedendo che l’azione di restituzione non possa più essere esperita una volta decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione nei registri immobiliari (sempre che i potenziali legittimari del donante non abbiano trascritto nei registri immobiliari l’atto di opposizione alla donazione).
Al fine di attribuire maggior sicurezza alla circolazione dei beni, specie di quelli immobili, e di garantire il credito bancario, il D.D.L. Bilancio 2024 prevedeva la modifica delle norme del Codice Civile che consentono al legittimario, vittorioso nell’azione di riduzione e pregiudicato dall’incapienza del donatario, di ottenere la restituzione dei beni oggetto di donazione da parte di chiunque ne abbia conseguito la proprietà.
Pertanto, la mera donazione di un bene mobile o immobile non avrebbe più potuto pregiudicarne la sua trasferibilità e, conseguentemente, il soggetto che lo avesse acquistato a titolo oneroso o la banca che ne avesse ottenuto un’ipoteca, non avrebbero più subito alcun pregiudizio dal fatto che la donazione si fosse rivelata, a seguito della morte del donante, lesiva della quota di legittima spettante a taluni degli stretti familiari del donante.
In vigenza di tale previsione, il legittimario che avesse reclamato la sua quota di legittima, violata dalla donazione, avrebbe dunque potuto soltanto sperare nella capienza del patrimonio del donatario: qualora quest’ultimo fosse risultato insolvente, infatti, il credito del legittimario sarebbe rimasto insoddisfatto e non avrebbe potuto essere più fatto valere a danno dell’acquirente dal donatario.