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Con Risposta ad Interpello n. 456 del 10 novembre 2023, l’Agenzia delle Entrate ha analizzato una complessa operazione societaria, che prevede la scissione parziale proporzionale di una società immobiliare a favore di una beneficiaria appositamente costituita, cui veicolare un complesso immobiliare, con successiva trasformazione della società neocostituita in una società semplice, beneficiando delle agevolazioni accodate dall'art. 1, commi da 100 a 105, Legge n. 197/2022, ossia con tassazione delle plusvalenze sulla base del valore catastale (in luogo del valore normale).
A seguito della trasformazione in società semplice, in particolare, è prevista la cessione del complesso immobiliare ad un soggetto terzo, con attribuzione ai soci, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale, dell’utile conseguito dalla società semplice a fronte del corrispettivo di cessione del complesso immobiliare.
La cessione degli immobili, effettuata dopo il decorso dei cinque anni dall’acquisto, non determina l’emersione di plusvalenze tassabili ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b), TUIR; infatti, la trasformazione in società semplice non interrompe il termine di decorrenza del quinquennio.
Una volta completata la cessione, è quindi prevista la liquidazione della società semplice, senza l'emersione di componenti positive di reddito in capo alla società semplice o ai soci.
Nella Risposta ad Interpello in esame, l’Agenzia delle Entrate, pur riconoscendo la legittimità delle singole operazioni che la società istante intende effettuare, sottolinea come le stesse siano, di fatto, indirizzate al solo scopo di sfruttare i regimi fiscali loro propri, al fine di far conseguire direttamente ai soci della società istante un vantaggio fiscale contrario alla ratio delle stesse norme agevolative.
Nel suo complesso, infatti, l'operazione appare destinata sostanzialmente a consentire ai soci di cedere il complesso immobiliare, veicolato con la scissione dopo la sua estromissione dal regime d'impresa nell'ambito di una società semplice, al fine di azzerare immediatamente il relativo carico fiscale, senza attendere il decorso del quinquennio di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), TUIR.
Peraltro, ammettere la liceità del risparmio d'imposta conseguente a una simile serie di operazioni collegate tra loro, renderebbe sostanzialmente inutili le altre forme di estromissione agevolata dei beni d'impresa previste dal Legislatore (cessione ai soci e assegnazione agli stessi), in quanto il vantaggio fiscale ottenuto da queste risulterebbe non paragonabile a quello ottenibile dalla trasformazione agevolata collegata alle altre operazioni sopra descritte.
L’insieme delle soprarichiamate operazioni concretizza dunque una fattispecie abusiva ai sensi dell’art. 10-bis, Legge n. 212/2000, in quanto realizzativa di un vantaggio fiscale indebito, priva di sostanza economica e volta esclusivamente al conseguimento di un vantaggio fiscale a favore dei soci della società.
Occorre evidenziare che la posizione assunta dall’Amministrazione Finanziaria si pone in aperto contrasto con quanto sostenuto dalla dottrina prevalente, secondo cui la cessione onerosa di un bene che abbia fruito di un’operazione agevolata posta in essere in precedenza non costituisce abuso del diritto.
La recente Risposta n. 456/2023 apre la strada ad una serie di interrogativi e incertezze, che potrebbero riversarsi negativamente su operazioni già concluse. Questo vale soprattutto per transazioni che, precedentemente, godevano di una reputazione di liceità, supportata sia dalla dottrina che dalla prassi notarile.
Un esempio eloquente è rintracciabile nello Studio n. 44-2023/T, § E, dove si sottolineava l'opportunità della trasformazione in società semplice per favorire eventuali future cessioni. Si argomentava che ciò avrebbe garantito ai soci il diretto beneficio del ricavato anziché riversarlo nella struttura societaria. Si ribadiva anche il fatto che non vi fosse motivo di temere contestazioni di elusione, in quanto l'Agenzia delle Entrate aveva chiarito che la cessione di un bene precedentemente oggetto di operazioni agevolate non costituiva abuso del diritto.
Ci si interroga su come superare l'orientamento dell'Amministrazione, eventualmente anche in sede contenziosa. Non sembra che la chiave risieda nella scelta di utilizzare il valore catastale anziché il valore normale durante la trasformazione, poiché la vendita rimane esente, indipendentemente dal valore di carico in capo alla società semplice.
Inoltre, non sembra rilevante il fatto che, con la trasformazione, il quinquennio per il possesso dei beni non si interrompa, un aspetto già chiarito dalla prassi dell'Agenzia delle Entrate stessa. Tuttavia, la stessa prassi avrebbe potuto argomentare diversamente, sostenendo che con la trasformazione e l'ingresso nel sistema IRPEF si “riparte da zero”, una dinamica che si verifica, ad esempio, nell'assegnazione e che, non a caso, non è oggetto di critiche se seguita dalla vendita.
In conclusione, la Risposta n. 456/2023 lascia molte questioni aperte, richiedendo una riflessione approfondita e una potenziale azione correttiva da parte degli operatori economici e degli esperti del settore. La ricerca di una soluzione che concili le esigenze degli operatori con le direttive delle autorità fiscali diventa, quindi, una priorità per evitare possibili impatti negativi su transazioni legittime.