Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Con la Sentenza n. 30983 del 7 novembre 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che la clausola penale non è suscettibile di autonoma tassazione ai fini dell’imposta di registro, in quanto è strettamente connessa all’obbligazione principale del contratto che ne assorbe la rilevanza tributaria.
In particolare, la clausola penale volta a definire le somme che dovranno essere versate in caso di tardiva restituzione del bene locato, assume natura meramente accessoria all’obbligazione principale del contratto, non potendo sussistere autonomamente. Non trova dunque applicazione il comma 1 dell’art. 21, D.P.R. n. 131/1986 (c.d. Testo Unico dell’Imposta di Registro), secondo cui tutte le disposizioni contenute in un contratto sono suscettibili di autonoma tassazione.
Ai sensi dell’art. 1382, Codice Civile, la clausola penale costituisce la pattuizione con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione. La stessa ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, qualora non sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
Il trattamento impositivo della clausola penale è stato esaminato a più riprese dall’Agenzia delle Entrate, che ha sempre sostenuto la sua tassabilità, trattandosi di un’autonoma pattuizione avente natura patrimoniale.
Da ultimo, nell’ambito della Riposta ad Interpello n. 246 del 5 maggio 2022, l’Amministrazione Finanziaria, oltre a ribadire che la clausola penale deve essere assoggettata alla sola imposta fissa di cui all’art. 27, D.P.R. n. 131/1986, in quanto assimilabile ad una condizione sospensiva, ha affermato che la stessa è soggetta ad autonoma imposizione, non potendosi rinvenire il vincolo di derivazione necessaria richiesto dall’art. 21, comma 2, D.P.R. n. 131/1986 per la tassazione unitaria. Nel caso oggetto dell’interpello, infatti, la clausola penale non era stata imposta ex lege, ma inserita a seguito delle pattuizioni intercorse tra le parti contraenti.
Di diverso avviso è la Corte di Cassazione. In particolare, confermando l’orientamento assunto dalla Giurisprudenza di merito, con la recente Sentenza n. 30983/2023, la Corte di Cassazione si è espressa sulla clausola penale contenuta in un contratto di locazione, sostenendone l’accessorietà rispetto all’obbligazione principale.
In particolare, i Giudici di legittimità hanno fornito un’inedita interpretazione dell’art. 21, D.P.R. n. 131/1986, secondo cui il criterio di volontarietà nell’applicazione della clausola (ossia, la sua apposizione per mera volontarietà delle parti e non per obbligo di Legge), non ne giustifica di per sé l’autonoma tassazione.
Ai fini dell’autonoma applicazione dell’imposta di registro alla clausola penale è, infatti, necessario verificare in concreto la natura della clausola apposta al contratto.
Nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione, la clausola penale assume la funzione di predeterminare il danno da inadempimento, evitando al contraente adempiente la prova del quantum. La clausola non ha quindi una causa propria e distinta, ma una funzione servente e rafforzativa intrinseca di quella del contratto nel quale è contenuta.
In buona sostanza, la clausola penale non può sussistere al di fuori di un contratto sottostante e, di conseguenza, la stessa non può che assolvere ad una funzione meramente accessoria, non autonoma, rispetto al contratto che la contempla. La stessa, inoltre, non esprime, di per sé, alcuna ricchezza significativa di forza economica e capacità contributiva e, quindi, ai sensi dell’art. 21, comma 2, D.P.R. n. 131/1986, non può essere autonomamente tassata.