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La Legge 160/2019 ha riscritto la disciplina dell’IMU. Tra le novità contenute nel nuovo testo normativo, in questi anni, ha fatto discutere la nuova definizione di fabbricato.
Infatti il comma 741, art. 1, Legge 160/2019 offre la seguente definizione:
“per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza esclusivamente ai fini urbanistici, purché accatastata unitariamente; ...”.
Una prima interpretazione della novella disciplina era stata offerta dal Ministero delle Finanze, nella Circolare 1/DF del 2020. In tale documento si era illustrata, in particolare, la problematica delle aree pertinenziali non accatastate unitariamente.
La precedente disciplina, prima quella ICI, in seguito quella IMU (fino al 2019), basava la definizione di pertinenza sull'art. 817 del Codice Civile, che delineava una prospettiva civilistica dell'appartenenza di un'area ad un fabbricato.
Con la Legge 160/2019 si introduce una nozione di pertinenza più stringente, di carattere urbanistico, cosicché un'area precedentemente utilizzata per l'edificazione possa essere considerata pertinenziale ai fini IMU solo se è accatastata unitariamente al fabbricato.
Secondo L’IFEL, la novella definizione di fabbricato conteneva invece anche una importante precisazione, ossia che tale qualificazione dovesse riguardare solo quegli immobili che erano accatastati con attribuzione di una rendita catastale.
Sempre secondo l’IFEL, questa modifica avrebbe posto fine all’impossibilità dei Comuni di assoggettare ad IMU i fabbricati c.d. “collabenti”, ovvero quei fabbricati classificati in Categoria F/2. I collabenti, per le loro caratteristiche, sono immobili in stato fatiscente, ruderi, non in grado di avere una propria autonomia reddituale. Per tale ragione tali fabbricati sono iscritti in catasto senza attribuzione di rendita.
In questi anni si è assistito ad un notevole contenzioso che vede da una parte le Amministrazioni comunali che richiedono il pagamento dell’IMU sul valore dell’area di sedime degli immobili collabenti e, dall’altra, i contribuenti che invece ritengono che l’IMU non sia dovuta sui collabenti in quanto fabbricati privi di rendita catastale e, quindi, di materia imponibile ai fini IMU.
La Giurisprudenza, fino ad oggi, ha dato ragione ai contribuenti, stabilendo che gli immobili collabenti, essendo dei fabbricati, non sono soggetti ad IMU come tali, in quanto privi di rendita catastale, e fin quando non si avviano dei lavori di ristrutturazione/ricostruzione, non è possibile considerarli aree edificabili.
Lo scorso 16 novembre, il Ministero delle Finanze, con la Risoluzione 4/DF, ha fornito l’interpretazione della nuova disciplina, precisando che:
Nella Risoluzione vengono poi offerti ulteriori chiarimenti in merito ai fabbricati rurali strumentali. Il Ministero “ritiene priva di fondamento la pretesa dei Comuni circa la sussistenza della qualifica di Coltivatore Diretto o di Imprenditore Agricolo Professionale di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004 in capo al soggetto passivo IMU o all’utilizzatore dell’immobile ai fini dell’applicazione della suddetta agevolazione, riservata ai fabbricati rurali strumentali”.
Infatti la definizione dei fabbricati rurali strumentali non richiede tale requisito.
La Risoluzione, infine, si occupa dell’IMU in caso di conduzione associata di terreni. La conduzione associata di terreni attraverso contratti come il contratto di rete agricolo e il contratto di compartecipazione agraria, nonostante alcune interpretazioni restrittive da parte di alcuni Comuni, se sono rispettati i requisiti associativi dei contratti, non dovrebbe far venire meno il requisito oggettivo della conduzione, legittimando l'esenzione dall'IMU prevista per i terreni agricoli condotti in forma associata.