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L’art. 2, commi da 47 a 53, D.L. n. 262/2006, ha reintrodotto l’imposta di successione e donazione, con rimodulazione delle aliquote e delle franchigie di esenzione a seconda del grado di parentela, trovando applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni recate dal D.Lgs. n. 346/1990.
L’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 346/1990, prevede che: “L’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi“. Il successivo comma 4-bis del medesimo art. 1, D.Lgs. n. 346/1990, dispone che: “Ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’Imposta sul Valore Aggiunto.“
Ai sensi dell’art. 55, comma 1, D.Lgs. n. 346/1990, gli atti di donazione sono soggetti a registrazione, in termine fisso, secondo le disposizioni di cui al D.P.R. n. 131/1986.
Con l’introduzione dell’articolo 56-bis nel D.Lgs. n. 346/1990, il Legislatore ha inteso disciplinare le liberalità diverse dalle donazioni, ossia le liberalità “indirette“, tra le quali rientrano le liberalità che non si traducono in contratti scritti, trattandosi di meri comportamenti materiali, o che risultano da documenti per i quali non ricorre l’obbligo della registrazione (c.d. donazione informale).
Tale norma prevede che l’Amministrazione Finanziaria possa accertare l’esistenza di tali liberalità (diverse dalle donazioni), in presenza delle seguenti condizioni:
Ai fini della tassazione, trovano applicazione le seguenti aliquote, differenziate in funzione del grado di parentela:
Con Sentenza n. 5802 del 24 febbraio 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che le liberalità diverse dalle donazioni, attuate senza l’adozione della forma solenne del contratto di donazione ma che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, possono essere accertate e sottoposte a imposta solo in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi, e a condizione che le stesse siano di valore superiore alle franchigie previste.
Il caso sottoposto all’esame dei Giudici di legittimità concerne un ricorso presentato da un contribuente residente in Svizzera, davanti all’allora Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria, avverso un avviso di liquidazione di imposta di donazione, emesso in relazione a una liberalità indiretta effettuata dal fratello in suo favore, attraverso il trasferimento di una quota di patrimonio detenuta all’estero (consistente in diversi conti correnti aperti in varie banche).
I Giudici di prime cure rigettavano il ricorso, ritenendo che il trasferimento effettuato ricadesse fra le liberalità indirette sottoposte a imposta sulle donazioni di cui all’art. 56-bis, D.Lgs. n. 346/1990, posto che il riconoscimento della franchigia di 100.000 euro era avvenuto mediante un’apposita rettifica in via di autotutela amministrativa parziale e che l’applicazione dell’aliquota ordinaria dell’8% era corretta, atteso che quella ridotta (6%) era invocabile solo nei casi di donazione indiretta registrata volontariamente.
La pronuncia della CTP di Alessandria è stata confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale Piemonte, che ha rigettato il gravame precisando che nel caso di specie l’oggetto del trasferimento non era direttamente un patrimonio, ma una serie di rapporti (sia pure a contenuto patrimoniale). Il contribuente ha quindi presentato ricorso in Cassazione.
Pur confermando le indicazioni della giustizia di merito, la Corte di Cassazione ha evidenziato che nell’attuale contesto normativo, l’art. 56-bis, comma 1, D.Lgs. n. 346/1990, deve essere interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di soggetti residenti, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante), tra le quali rientra il bonifico sul conto corrente, e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, possono essere accertate e quindi assoggettate ad imposta in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti.
La ratio della norma, infatti, è da un lato quella di incentivare l’autodichiarazione del contribuente, anche per evitare ulteriori e più onerose pretese fiscali e, dall’altro, di limitare l’esercizio del potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria, legittimandolo solo al ricorrere di determinati presupposti. Un diverso criterio di applicazione dell’imposta si presterebbe a prassi elusive, contrarie al principio di effettività dell’imposizione in ragione della capacità contributiva.
Nel caso di specie l'aliquota applicabile prescinde dal rapporto di parentela tra il donante e il beneficiario (fratelli). Si applica, bensì, l’aliquota dell'8%, che costituisce attualmente la percentuale massima prevista dalla Legge con una funzione latamente sanzionatoria contemplata dal Legislatore (cfr., in tal senso, Sez. 5, Ordinanza n. 27665 del 03 dicembre 2020 e Sez. 5, Ordinanza n. 735 del 12 gennaio 2022).