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Come noto, i soggetti che registrano operazioni non imponibili IVA ai sensi degli artt. 8, comma 1, lett. a) e b), 8-bis e 9, D.P.R. n. 633/1972, per un ammontare superiore al 10% del proprio volume di affari, assumono la qualifica di esportatori abituali e possono utilizzare il relativo plafond, ossia l’ammontare delle cessioni all’esportazione e delle operazioni assimilate conseguito, per acquistare e importare beni e servizi in ambito domestico senza applicazione dell’IVA.
L’agevolazione accordata agli esportatori abituali non può essere fruita dai soggetti che applicano il regime agricolo di cui all’art. 34, D.P.R. n. 633/1972 (c.d. Regime speciale IVA), nonché dai soggetti che iniziano l’attività.
La non imponibilità IVA accordata dall’art. 8, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 633/1972, alle operazioni effettuate nei confronti degli esportatori abituali non trova tuttavia applicazione per l’acquisto di beni e servizi per i quali l’IVA sia oggettivamente indetraibile (come, ad esempio, autovetture, alimenti e bevande, spese di rappresentanza, telefoni cellulari, ecc.), anche per effetto del pro-rata e per quelli privi del requisito dell’inerenza all’attività d’impresa esercitata. Il plafond, inoltre, non può essere comunque utilizzato per l’acquisto di fabbricati e aree fabbricabili.
Ai fini dell’utilizzo del plafond maturato, gli esportatori abituali sono tenuti a trasmettere la dichiarazione di intento all’Agenzia delle Entrate, che rilascia un’apposita ricevuta con indicazione del relativo protocollo di ricezione.
La lettera di intento è quindi messa a disposizione del fornitore nel suo Cassetto Fiscale (nella pratica operativa, naturalmente, gli esportatori abituali continuano a consegnare ai propri fornitori, senza indugio, una copia della dichiarazione d’intento trasmessa all’Amministrazione Finanziaria).
Prima di dar corso all’effettuazione dell’operazione non imponibile, i fornitori degli esportatori abituali sono tenuti a verificare l’avvenuta presentazione della lettera di intento all’Agenzia delle Entrate da parte dell’esportatore abituale.
Gli estremi del protocollo di ricezione della lettera di intento trasmessa all’Agenzia delle Entrate devono essere quindi indicati nelle fatture emesse dai fornitori degli esportatori abituali (o indicati, a cura degli stessi esportatori abituali, nella dichiarazione doganale d’importazione).
In particolare, così come previsto dal Provvedimento 28 ottobre 2021, Prot. n. 293390/2021, dell’Agenzia delle Entrate, la fattura elettronica destinata ad un esportatore abituale deve obbligatoriamente riportare:
A tal fine, il fornitore deve compilare il blocco 2.2.1.16, <Altri dati gestionali>, per ciascuna dichiarazione d’intento, indicando:
In capo al fornitore che effettua operazioni non imponibili ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 633/1972:
è applicabile la sanzione amministrativa di cui all’art. 7, comma 4-bis, D.Lgs. n. 471/1997, dal 100% al 200% dell’imposta non applicata all’operazione, oltre al versamento della relativa IVA.
L’esportatore abituale è il soggetto responsabile dell’omesso versamento del tributo qualora rilasci al fornitore e trasmetta all’Agenzia delle Entrate il modello di dichiarazione di intento in mancanza dei requisiti richiesti o in misura maggiore rispetto al plafond disponibile. In queste ipotesi in capo all’esportatore abituale è quindi applicata la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell’imposta, oltre al versamento della relativa IVA.
Inoltre, con effetto dal 1° gennaio 2021, l’art. 1, commi da 1079 a 1083, Legge n. 178/2020, inibisce l’emissione di nuove dichiarazioni d’intento da parte dei soggetti nei cui confronti, a seguito dell’effettuazione di specifiche analisi di rischio e di controlli sostanziali, sia stata disconosciuta la qualifica di esportatore abituale.
Tale disposizione, peraltro, prevede la possibilità, per l’Agenzia delle Entrate, di invalidare le dichiarazioni di intento precedentemente emesse e di scartare le fatture elettroniche nelle quali sia indicato il numero di protocollo di una dichiarazione d’intento invalidata.
In prossimità della fine dell’anno, i soggetti passivi IVA che hanno acquisito, o presumono di acquisire, lo status di esportatori abituali, possono predisporre le dichiarazioni d’intento per l’effettuazione di acquisti e importazioni senza applicazione dell’IVA nell’anno 2024.
La compilazione della dichiarazione d’intento, infatti, può riguardare ciascuna singola operazione o, in alternativa, ricomprendere una pluralità di operazioni sino a un determinato importo del plafond disponibile.
Tale seconda modalità di predisposizione della lettera d’intento consente dunque di indicare l’importo fino a concorrenza del quale si intende acquistare beni e servizi senza applicazione dell’IVA (è possibile, in particolare, indicare un valore presunto, corrispondente alla quota parte del plafond che si stima sarà utilizzato nel corso dell’anno 2024 per le operazioni con uno specifico fornitore).
Tale possibilità, come esplicitamente ammesso dall’Agenzia delle Dogane nella Nota n. 69283/2019, può riguardare anche le operazioni di importazione. È, infatti, possibile utilizzare una sola dichiarazione d’intento per più operazioni d’importazione, fino a concorrenza di un determinato importo da utilizzarsi nell’anno di riferimento.
Il ricorso a tale modalità di utilizzo del plafond richiede, tuttavia, un attento e costante monitoraggio del plafond maturato e di quello via via utilizzato.
Sul punto si ricorda che il plafond IVA si considera utilizzato al momento di effettuazione dell’operazione, come indicato dall’art. 6, D.P.R. n. 633/1972.
Come riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate, è altresì possibile procedere all’emissione di dichiarazioni d’intento nei confronti di più fornitori per un importo complessivo superiore al plafond effettivamente disponibile. Infatti, l’Amministrazione Finanziaria accetta le lettere d’intento anche se il loro ammontare complessivo supera il plafond disponibile, poiché lo stesso si esaurisce sulla base degli acquisti effettivamente effettuati e non sulla base di quanto dichiarato.
Anche in tale ipotesi, tuttavia, occorre monitorare attentamente l’utilizzo del plafond, al fine di non incorrere nel c.d. “splafonamento” (ossia, nell’utilizzo del plafond per importi superiori all’ammontare effettivamente disponibile). Al ricorrere di tale ipotesi e anteriormente all’effettuazione dell’acquisto o dell’importazione senza applicazione dell’IVA, è necessario rettificare in diminuzione l’importo del plafond indicato nella lettera d’intento o, addirittura, revocare la dichiarazione d’intento già presentata.
Allo stesso modo, in caso di incremento del plafond disponibile, è possibile inviare una nuova dichiarazione d’intento, con indicazione dell’ulteriore ammontare sino al quale si intende acquistare beni e servizi senza applicazione dell’imposta.