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In sede di conversione in legge del D.L. n. 145/2023, c.d. Decreto Anticipi, sono stati precisati i requisiti necessari affinché i soggetti esercenti attività agricole possano beneficiare della proroga al 16 gennaio 2024 per il versamento del secondo o unico acconto delle imposte sui redditi. In particolare, come già chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 31/E/2023, ai fini del computo della soglia limite di 170.000 euro, occorre aver riguardo al volume d’affari IVA, come desumibile dal campo VE50 del Modello IVA 2023.
Come noto, l’art. 4, D.L. n. 145/2023, c.d. Decreto Anticipi, ha previsto, per il solo periodo d’imposta 2023 e a favore delle sole persone fisiche titolari di Partita IVA con ricavi o compensi 2022 non superiori a 170.000 euro, la proroga dal 30 novembre 2023 al 16 gennaio 2024 del termine di versamento della seconda o unica rata di acconto 2023, con la possibilità di rateizzare le somme dovute in cinque rate mensili di pari importo.
Tale possibilità, in particolare, opera a favore dei contribuenti che nell’anno 2022 hanno svolto un’attività d’impresa o di lavoro autonomo (contribuenti “minimi” e forfettari compresi).
La proroga è applicabile alle seguenti imposte:
restandone invece esclusi i contributi previdenziali INPS ed i premi assicurativi INAIL, che dovevano essere dunque versati entro l’ordinario termine del 30 novembre 2023.
Oltre che in un’unica soluzione entro il 16 gennaio 2024, l’acconto può essere versato in un massimo di cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio, con scadenza il giorno 16 di ciascun mese (sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura dello 0,33% mensile).
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Unica soluzione |
In forma rateale |
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Versamento entro il 16 gennaio 2024 |
Rata 1: 16 gennaio 2024 |
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Rata 2: 16 febbraio 2024 |
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Rata 3: 18 marzo 2024 |
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Rata 4: 16 aprile 2024 |
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Rata 5: 16 maggio 2024 |
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Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura dello 0,33% mensile. |
Con Circolare n. 31/E del 9 novembre 2023, l’Agenzia delle Entrate ha reso alcuni interessanti chiarimenti circa l’ambito soggettivo di applicazione della proroga. In tale documento di prassi, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che della proroga possono beneficiare anche le persone fisiche esercenti attività agricole o attività agricole connesse (ad esempio, agriturismo, allevamento), qualora titolari di reddito d’impresa.
Gli agricoltori possono quindi beneficiare del differimento se nel 2022 risultano titolari di reddito d’impresa e, quindi, solo in caso di svolgimento di attività che eccedono i limiti del reddito agrario (ad esempio, allevamenti eccedentari, attività connesse aventi ad oggetto beni esclusi dal decreto ministeriale, produzione di vegetali oltre il secondo piano) oppure non comprese nell’art. 32, TUIR (ad esempio, agriturismo, produzione di energia, fornitura di servizi).
Ai fini della verifica della soglia reddituale di 170.000 euro, il cui mancato superamento consente di beneficiare della proroga, le persone fisiche esercenti attività agricole o attività agricole connesse, titolari di reddito d’impresa, in luogo dell’ammontare dei ricavi 2022 devono considerare il volume d’affari (rigo VE50 del Modello IVA 2023).
In caso di esonero dall’obbligo di presentazione del Modello IVA, gli esercenti attività agricole devono considerare l’ammontare complessivo del fatturato 2022, tenendo conto delle operazioni certificate tramite fattura o documento commerciale.
Infine, gli imprenditori agricoli che esercitano anche altre attività commerciali o di lavoro autonomo, devono far riferimento al volume d’affari complessivo degli intercalari del Modello IVA.
Come sopra anticipato, nel corso dell’iter di conversione in legge del Decreto Anticipi, è stato modificato l’art. 4, D.L. n. 145/2023, al fine di precisare i requisiti necessari affinché le persone fisiche esercenti attività agricole possano beneficiare della proroga al 16 gennaio 2024.
Anteriormente alle modifiche apportate, infatti, tale norma si limitava a precisare che la proroga era applicabile da parte delle persone fisiche titolari di Partita IVA, che per il periodo d’imposta precedente dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170.000 euro.
L’esplicito riferimento ai ricavi e ai compensi aveva posto la questione circa le modalità di computo della soglia limite per i contribuenti del settore agricolo. Infatti, gli agricoltori che determinano il reddito ai sensi dell’art. 32, TUIR, non dichiarano ricavi ma un reddito fondiario.
Allo stesso modo, i contribuenti che svolgono attività diverse da quelle produttive di reddito agrario, dichiarano un reddito di impresa avvalendosi di criteri forfettari del reddito parametrati ai corrispettivi e, pertanto, non dichiarano ricavi o compensi.
La questione è stata affrontata dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 31/E/2023, ove è stato precisato che i soggetti agricoli devono aver riguardo, in luogo dei ricavi, all’ammontare del volume d’affari, ossia all’importo indicato a campo VE50 del Modello IVA 2023 (relativo al 2022).
Tali indicazioni sono state recepite in sede di conversione in legge del D.L. n. 145/2023. Infatti, il novellato art. 4, D.L. n. 145/2023, precisa espressamente che per i titolari di reddito agrario, che siano anche titolari di reddito d’impresa, il limite di ricavi e compensi, pari a 170.000 euro, è da intendersi riferito al volume d’affari IVA e, quindi, a quanto indicato a rigo VE50 del Modello IVA 2023.
Tale chiarimento è applicabile sia da parte degli agricoltori che dichiarano un reddito di impresa avvalendosi di criteri forfettari (compilando il quadro D del modello di dichiarazione), sia da parte di quelli che, invece, determinano il reddito analiticamente (compilando i quadri G o F del modello dichiarativo).