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I giudici di merito hanno chiarito alcuni concetti riguardo la morte del socio cooperatore ed il subentro del suo erede all’interno della cooperativa.
Il tribunale di Bologna, con la Sentenza n. 2188 del 28 ottobre 2023, ha affrontato il tema del subentro dell’erede nella cooperativa, a seguito della morte di un socio. I giudici si sono pronunciati anche in merito alla validità della c.d. clausola di continuazione facoltativa contenuta nello Statuto della cooperativa stessa.
Ai sensi dell’art. 2534 primo comma del Codice Civile, “in caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni secondo le disposizioni dell'articolo seguente”. Tuttavia, il secondo comma della norma sopra richiamata, prevede che l'atto costitutivo possa prevedere che “gli eredi provvisti dei requisiti per l'ammissione alla società subentrino nella partecipazione del socio deceduto”.
Vediamo nel seguito come i giudici di merito hanno declinato i predetti principi.
La moglie di un socio cooperatore conveniva in giudizio la stessa società cooperativa al fine vedere accertato il proprio diritto a subentrare nella titolarità della partecipazione sociale già in capo al coniuge deceduto, in conformità a quanto disposto dall'art. 15 dello Statuto della Cooperativa.
In particolare, il coniuge aveva detenuto una quota di partecipazione al capitale sociale della predetta cooperativa e, una volta deceduto, aveva lasciato, quali eredi legittimi, i figli e la moglie. Quest’ultima aveva richiesto alla società, ai sensi dell'art. 15 dello Statuto e quale erede del defunto marito, di subentrare nella quota di partecipazione sociale detenuta in vita dal de cuius. A tale richiesta, la società aveva quindi risposto con esito negativo, negando il subentro automatico nella compagine societaria ed omettendo di dare formale riscontro alla sua richiesta tramite CdA o Assemblea dei soci.
La moglie ha provveduto quindi ad instaurare un’azione giudiziale al fine di vedersi riconosciuto il proprio diritto a subentrare nella titolarità della quota di partecipazione, alla luce di quanto previsto dallo Statuto stesso.
In primo luogo i giudici rilevano che il nostro ordinamento non contempla, per le società cooperative, alcuna regola o principio di c.d. "subentro automatico" dell'erede nella partecipazione del de cuius, potendosi, infatti, evincere, dal richiamato art. 2534 primo comma del Codice Civile, l'opposto principio della intrasmissibilità mortis causa della quota del socio cooperatore.
Tuttavia, la regola di carattere generale contenuta nella richiamata disposizione di legge è suscettibile di deroga mediante apposita "clausola di continuazione" contenuta nell'atto costitutivo, avente carattere facoltativo per gli eredi ed obbligatorio per la società (si veda il richiamato secondo comma dell’art. 2534).
Nel caso di specie, lo statuto della cooperativa prevedeva una specifica clausola (Art. 15), secondo cui "in caso di morte del "socio cooperatore" il diritto degli eredi al rimborso della quota da lui effettivamente versata, ed eventualmente aumentata per rivalutazione e ristorno, matura nella misura e con le modalità previste nel precedente articolo. […]. Gli eredi provvisti dei requisiti per l'ammissione alla cooperativa possono richiedere di subentrare nella partecipazione del socio deceduto, indicando quale tra essi assumerà la qualifica di socio. L'ammissione sarà deliberata dal consiglio di amministrazione, previo accertamento dei requisiti, con le modalità e le procedure di cui al precedente articolo 7. In mancanza si provvede alla liquidazione ai sensi del precedente art. 14."
Secondo i giudici, quindi, la previsione statutaria da un lato conferisce all'erede del socio cooperatore un vero e proprio diritto soggettivo al subentro nella partecipazione sociale di quest'ultimo e, dall'altro, subordina la realizzazione del diritto alla titolarità dei requisiti prescritti per l'ammissione in società.
In altre parole, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, laddove l'erede intenda avvalersi del diritto al subentro e sia in possesso dei requisiti richiesti, l'ammissione dell'istante in società è, quindi, vincolata/obbligatoria per gli organi sociali, i quali, al riguardo, non conservano alcun potere discrezionale e/o facoltà di sindacato.
A fronte di una richiesta di subentro, infatti, l'unico margine valutativo che residua in capo ai competenti organi sociali è quello relativo al riscontro, positivo o negativo, della titolarità dei requisiti statutariamente previsti per rivestire la qualità di socio cooperatore (c.d. discrezionalità vincolata).
A conferma di ciò, infatti, la giurisprudenza di legittimità si era espressa anche nel caso delle società di persone (cfr. Cass. civ., Sez. VI - 2, Ordinanza, 23.7.2020, n. 15686).
I giudici hanno ritenuto contraria alle norme statutarie e di legge la motivazione posta a fondamento della censurata delibera di rigetto dell'istanza di ammissione, la quale diviene illegittima. Il tribunale ha quindi provveduto ad accertare il diritto dell'attrice al subentro nella compagine sociale della cooperativa.