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Dal 18 gennaio 2024 è scattato l’obbligo di contraddittorio preventivo tra contribuente ed ente impositore prima di emettere atti impositivi, a pena di annullabilità dell'atto.
Questa nuova regola si applica agli accertamenti fiscali, compresi quelli dell'Agenzia delle Entrate e dei Comuni, con alcune eccezioni.
Nel sistema previgente al D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 219, il contraddittorio era obbligatorio solo se la legge lo prevedeva espressamente (sempre per i tributi armonizzati) ma dal 18 gennaio 2024 è entrato in vigore il nuovo art. 6-bis inserito nella L. 212/2000 che impone il contraddittorio preventivo, tra contribuente ed ente impositore, per ogni fattispecie e per qualsiasi imposta.
Il comma 1 del nuovo articolo 1 stabilisce che tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo. Secondo quanto stabilito dalla norma, introdotta con la Legge di Bilancio 2024:
In merito al secondo punto, occorre precisare che, se i sessanta giorni scadono successivamente al termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo, o se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il termine di decadenza per l’emissione del provvedimento decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è posticipato al 120° giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio.
Il contraddittorio opera a prescindere dal fatto che ci sia stato l’accesso presso le sedi del contribuente o una semplice “indagine a tavolino”, garantendo così il diritto alla difesa e assicurando un processo equo e imparziale.
Il contribuente dovrà avere uno schema di provvedimento che, per l’Agenzia delle Entrate, potrebbe essere l’invito ex art. 5 del DLgs. 218/97, il quale rappresenta a tutti gli effetti uno schema di provvedimento anche se finalizzato all’adesione (e dovrà quindi essere notificato anche quando non opera l’adesione).
La norma in esame prevede che la mancanza del contraddittorio preventivo costituisca causa di annullabilità dell’atto e, nel provvedimento impositivo, l’ente impositore dovrà indicare perché non ha condiviso le doglianze del contribuente. Questi, in caso di omissione, potrà limitarsi ad eccepire l’annullabilità dell’atto senza dover dimostrare che, ove fosse stato attivato, il contraddittorio avrebbe potuto condurre all’archiviazione della pratica.
L’obbligo generalizzato di attivazione del confronto preventivo, tuttavia, non sussiste per: