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A decorrere dal 18 gennaio 2024 entrano in vigore le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 219 del 2023 allo Statuto dei Diritti del Contribuente (Legge 212 del 2000).
Ci occuperemo in questa sede delle novità introdotte a seguito della riformulazione dell’art. 7 dello Statuto, rubricato “Chiarezza e motivazione degli atti”, finalizzate ad armonizzare il testo normativo con gli approdi più recenti della giurisprudenza interna, unionale e internazionale.
Con la modifica del primo comma viene stabilito che gli atti (autonomamente impugnabili) emessi dall’Amministrazione Finanziaria devono essere motivati a pena di annullabilità e devono indicare specificatamente: i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Particolare rilievo assume l’espresso riferimento ai “mezzi di prova”, che diventano elemento essenziale del fondamento dell’atto. L’Agenzia sarà, quindi, obbligata almeno ad enunciare i mezzi di prova nell’avviso di accertamento, al fine di far sì che il contribuente possa esplicitare al meglio le proprie difese già con l’atto introduttivo del giudizio.
Al secondo periodo del primo comma viene previsto che qualora la motivazione dell’avviso di accertamento dovesse fare riferimento ad un altro atto, che non è già stato portato a conoscenza dell’interessato, lo stesso debba essere allegato all’atto che lo richiama, a meno che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale e la motivazione indichi espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati. Nella relazione illustrativa al decreto viene precisato che tale modifica è finalizzata ad eliminare la necessità di allegare, in ogni caso, l’atto richiamato anche quando lo stesso è già conosciuto dal contribuente.
Con l’introduzione del comma 1-bis viene stabilito che i fatti e i mezzi di prova posti a fondamento dell’atto non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti, se non attraverso l’adozione di un ulteriore atto, ma solo nel caso in cui ne ricorrano i presupposti e non siano maturate le decadenze. Quest’ultima circostanza si verifica esclusivamente nelle ipotesi contemplate dall’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973 e cioè nel caso in cui siano emersi elementi non conoscibili al momento dell’emanazione dell’avviso di accertamento. Le modifiche all’art. 7 rappresentano indubbiamente il giusto corollario al nuovo comma 5-bis dell’art. 7 D.Lgs. n. 546/1992, come riformato dalla Legge n. 130/2022, che pone l’onere della prova di ogni violazione contestata a carico dell’Amministrazione Finanziaria.
I nuovi commi 1-ter e 1-quater inseriti nell’art. 7 dello Statuto stabiliscono che quando la cartella esattoriale non segue uno specifico atto impositivo, già notificato al contribuente, essa debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione.
Inoltre, nello Statuto viene precisato che l’obbligo di motivazione riguarda anche gli interessi, pertanto nelle cartelle dovranno essere esplicitati i tassi via via applicabili per la quantificazione degli interessi richiesti. Estremamente importante è anche il riferimento agli atti della riscossione emessi nei confronti dei coobbligati solidali, paritetici e dipendenti, i cui atti dovranno recare, oltre alla motivazione ordinaria, anche quella specificamente relativa agli interessi, fermo l’obbligo di autonoma notificazione della cartella di pagamento nei loro confronti.