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Redazione
pacchetto-ortofloro-plus Aliquota IVA cessione di letame, liquami e digestato

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l’approccio all’argomento parte dalla preliminare constatazione che gli effluenti (o reflui) degli allevamenti, sia solidi che liquidi, sono potenzialmente dei rifiuti ma cessano di esserlo, assumendo la caratteristica di sottoprodotti, se utilizzati in agricoltura nell’ambito delle buone pratiche colturali o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o con cessione a terzi (2° comma dell’art. 185, l. n. 152/2006; regolamento (ce) n. 1069/2009; d.l. n. 83/2012). questi sottoprodotti non sono declinati nelle tabelle iva. la tabella a, parte seconda, allegata al d.p.r. n. 633/1972, versione attuale, prevede al n. 19 l’aliquota del 4% per i fertilizzanti di cui alla legge 19 ottobre 1984 n. 748. senonché la legge n. 748/1984 è stata abrogata. con risposta n. 282 del 27 agosto 2020, l’agenzia delle entrate ha affermato che occorre fare riferimento, al fine di individuare i prodotti in argomento, alla definizione recata dalla normativa vigente, vale a dire l'articolo 2del d.lgs. n. 75/2010, la quale prevede che “si intendono per «fertilizzanti»,. (n.d.r. tra gli altri gli) z) «ammendanti»: i materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche o chimiche o l'attività biologica, disgiuntamente o unitamente tra loro, i cui tipi e caratteristiche sono riportati nell'allegato 2”. l’allegato 2 del d.lgs. n. 75/2010 elenca tra gli ammendanti il letame e i liquami zootecnici. la risposta precisa anche che l’aliquota del 4% richiede che il prodotto sia classificato come fertilizzante da una voce doganale o, in mancanza, dalla certificazione dell’avvenuta iscrizione nel registro dei fertilizzanti a norma dell’art. 8 del d.lgs. n. 75/2010. in altri termini, l’agenzia pare ribadire il principio affermato in precedenti risoluzioni ministeriali (ris. n. 460426 del 21/12/1987 e n. 461010 del 14/11/1987) secondo il quale non è sufficiente che il prodotto base sia elencato negli allegati, ma l’aliquota agevolata torna applicabile solo ai fertilizzanti che siano in linea con tutti i requisiti e condizioni previsti dalla richiamata normativa. va da sé che il riferimento al d.lgs. n. 75/2010 impedisce di applicare l’aliquota del 4% al letame, ai liquami e al digestato allo stato naturale, ma lo consente esclusivamente al letame che abbia avuto un processo manipolativo che lo porti alle condizioni richieste in termini di essiccazione/umidità. in sostanza, il d.lgs. n. 75/2010 si occupa dell’immissione in commercio dei fertilizzanti e i suoi riferimenti non possono essere utilizzati per l’aliquota degli effluenti allo stato naturale, poiché in tale stato non potrebbero comunque essere immessi nel mercato. la risposta dell’agenzia al caso specifico (nonché le precedenti risoluzioni) non poteva che essere quella, poiché solo con la registrazione si ha la certezza che un prodotto sconosciuto abbia le caratteristiche fertilizzanti richieste dalla legge. storia dell’aliquota iva dei fertilizzanti. in origine il testo iva (1972) prevedeva nella tabella a, parte seconda, voce n. 82, l’aliquota del 2% per “fertilizzanti e prodotti fitosanitari”. la generica formulazione autorizzava a far rientrare tra i fertilizzanti qualsiasi prodotto, compreso il letame, che applicato al terreno fosse in grado di favorire la crescita delle piante, sempreché a tal fine destinato. con d.m. 28/2/1985 sono state apportate modifiche alle tabelle iva, tra le quali la voce sui fertilizzanti. con l’entrata in vigore del d.m. è stata introdotta la voce 19) nella tabella a, parte ii, con il testo attuale. la modifica normativa ha avuto come immediata conseguenza di estromettere dal novero dei prodotti con aliquota 4% (allora 2%) il letame e gli altri reflui dell’allevamento allo stato naturale, poiché l’allegato 2 alla legge n. 748/1984 prevedeva esclusivamente il letame essiccato e quello artificiale. la legge n. 748/1984 è stata abrogata dal d.lgs. n. 217/2006 e quest’ultimo dal d.lgs. n. 75/2010. la formula dell’abrogazione, in entrambi i casi, è di abrogazione semplice, essendo assente una disposizione che affermi la continuità dei riferimenti tra la legge abrogata e quella abrogante, quale, ad esempio, “qualunque riferimento nella legislazione vigente alla legge n. 748/1984 si intende riferito al presente decreto”. occorre ora chiarire quali siano gli effetti dell’abrogazione della legge n. 748/1984 sulla voce n. 19) tabella a, parte ii, del decreto iva. in dottrina si è sostenuto che la tecnica del rinvio è utilizzata per costituire un rapporto fra norme in virtù del quale una norma stabilisce che una determinata fattispecie venga regolata dal contenuto precettivo di un’altra[1]. infatti, è stato osservato che il legislatore, “nel porre in essere una novella, evita di ripetere materialmente una disposizione già presente nell’ordinamento […] e si limita, invece, ad indicare l’atto normativo da cui l’operatore deve trarre, a seconda che il rinvio sia materiale (o fisso) o formale (o mobile), il precetto o la fonte del precetto stesso”.[2]. nella fattispecie si deve senz’altro propendere per la natura mobile del rinvio, con la conseguenza che con l’abrogazione della legge n. 784 le soluzioni sono due: 1) o il rinvio rimane senza oggetto, che sarebbe la soluzione più ovvia, oppure 2) il rinvio deve intendersi fatto a norme che successivamente sono entrate in vigore e, come sempre, si tratta di interpretare, caso per caso, queste disposizioni[3]. che nella fattispecie si debba individuare un rinvio mobile è anche la tesi dell’agenzia delle entrate manifestata con la citata risposta n. 282/2020. tuttavia, anche aderendo alla soluzione sub 2), il rinvio alla legge n. 784/1984 non può essere sostituito sic et simpliciter con il quello al d.lgs. n. 75/2010 (e, ancor prima, dal d.lgs. n. 217/2006), perché, come evidenziato in precedenza, il legislatore non ha collegato la legge abrogata con quella abrogante, cosicché la voce 19) deve ora essere così letta: “fertilizzanti come definiti dal quadro normativo vigente”. l’attuale quadro normativo in materia di fertilizzanti. il quadro normativo in materia di fertilizzanti è notevolmente mutato con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006 (norme in materia ambientale) e del primo decreto attuativo del ministro delle politiche agricole e forestali 7/4/2006 (g.u. n. 109/2006) e poi del secondo decreto attuativo 25/2/2016 (g.u. n. 90/2016). tale quadro si presenta assai articolato con la presenza di diverse fonti normative:. il regolamento (ue) 2019/1009, che ha sostituito il regolamento (ce) 2003/2003, il cui articolo 2 specifica che “ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «prodotto fertilizzante»: una sostanza, una miscela, un microrganismo o qualsiasi altro materiale, applicato o che si intende applicare alle piante o alla loro rizosfera oppure ai funghi o alla loro micosfera, o destinato a costituire la rizosfera o la micosfera, da solo o in associazione ad un altro materiale, allo scopo di fornire nutrienti alle piante o ai funghi o di migliorarne l’efficienza nutrizionale (…)”. questo regolamento armonizza il mercato dell’unione in materia di fertilizzanti per la messa a disposizione sul mercato, e non si applica ai sottoprodotti di origine animale o prodotti derivati che sono soggetti alle prescrizioni del regolamento (ce) n.1069/2009 quando sono ceduti a terzi;. il regolamento (ce) n. 1069/2009 definisce “«fertilizzanti organici» e «ammendanti», i materiali di origine animale utilizzati, separatamente o in combinazione, per preservare o migliorare il nutrimento dei vegetali nonché le proprietà fisiche e chimiche dei terreni e la loro attività biologica; possono includere stallatico, guano non mineralizzato, contenuto del tubo digerente, compost e residui della digestione”;. il d.m. 25/2/2016, il quale fornisce la definizione di “fertilizzante” indirettamente, vale a dire tramite il richiamo al codice delle buone pratiche agricole, approvate con d.m. 19/4/1999: “per “fertilizzante” si intende qualsiasi sostanza contenente uno o più elementi fertilizzanti, applicata al terreno per favorire la crescita della vegetazione, compresi gli effluenti zootecnici, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi degli impianti di depurazione (ai fini del presente cbpa si considerano principalmente i fertilizzanti azotati)”. in tale definizione deve intendersi compreso anche il digestato aventi le caratteristiche stabilite dall’art. 21 e seguenti del d.m. 25/2/2016;. l’art. 74 del d.lgs. n. 152/2006 definisce “aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione”;. l’art. 2 del d.lgs. n. 75/2010 equipara gli ammendanti ai fertilizzanti: “z) «ammendanti»: i materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche o chimiche o l’attività biologica, disgiuntamente o unitamente tra loro, i cui tipi e caratteristiche sono riportati nell'allegato 2;”. il d.lgs. n. 75 si applica esclusivamente ai prodotti specificatamente elencati negli allegati e ai soli fini della loro immissione sul mercato. le novità introdotte dal d.m. 25/2/2016. il decreto disciplina i criteri e le norme tecniche generali per l'utilizzazione agronomica dei materiali e delle sostanze di cui all'art. 2, commi 1 e 2, al fine di consentire alle sostanze nutritive ed ammendanti in essi contenute di svolgere un ruolo utile al suolo agricolo, realizzando un effetto concimante, ammendante, irriguo, fertirriguo o correttivo sul terreno oggetto di utilizzazione agronomica, in conformità ai fabbisogni quantitativi e temporali delle colture. le regioni e le province autonome disciplinano le attività di utilizzazione agronomica, potendo stabilire anche regole più restrittive. la regolamentazione riguarda:. effluenti di allevamento, vale a dire le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura in impianti di acqua dolce;. acque reflue, vale a dire le acque reflue che non contengono sostanze pericolose e provengono, per quanto qui interessa, da: imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno oppure alla silvicoltura;. imprese dedite all'allevamento di bestiame;. imprese dedite alle attività di cui ai numeri 1) e 2) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;. l'utilizzazione agronomica del digestato. quando si applica l’aliquota iva del 4%. il d.m. del 2016 attribuisce la caratteristica di “fertilizzante” agli effluenti zootecnici e al digestato alle condizioni stabilite dal medesimo decreto e dai regolamenti regionali. pertanto, l’esistenza di tali condizioni consente l’applicazione dell’aliquota iva del 4% alle cessioni di questi sottoprodotti, a norma della voce 19), tabella a, parte seconda, allegata al d.p.r. n. 633/1972. la cessione:. deve riguardare i sottoprodotti regolamentati dal d.m. 25/2/2016;. l’acquirente/destinatario deve impegnarsi contrattualmente all’utilizzo agronomico dei sottoprodotti in conformità alle disposizioni regionali;. devono essere adempiuti gli eventuali obblighi di comunicazione imposti dalla regione o provincia autonoma, tra i quali il documento di accompagnamento;. la fattura deve indicare la natura e qualità del sottoprodotto, porre la dicitura “ad esclusivo uso agronomico-fertilizzante ai sensi del d.m. 25/2/2016”, citare il contratto di cessione e il documento di accompagnamento[4]. il comma 3 dell’art. 2 del d.m. precisa che l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue di cui al comma 1 nonché del digestato è esclusa dall'ambito di applicazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, solo qualora siano rispettati i criteri generali e le norme tecniche di utilizzazione agronomica disciplinati nel decreto stesso. vale a dire che, se il sottoprodotto non viene utilizzato a scopo agronomico o viene utilizzato in modo difforme dalle disposizioni del decreto e di quelle regionali, si cade nell’ambito della disciplina dei rifiuti, con l’ovvia riclassificazione dell’operazione tra quelle illecite (cass. pen. sez. 3, n. 9717/2020), salva la possibilità concessa dall’art. 184-bis di utilizzo consentito in altro processo produttivo. in definitiva, alla cessione di letame, liquami e digestato agrozootecnico, quali ammendanti/concimanti di terreni agricoli, con l’osservanza delle disposizioni di cui al d.m. 25 febbraio 2016 e di quelle regionali, si applica l’aliquota iva del 4%, ai sensi della voce 19) nella tabella a, parte ii, del d.p.r. n. 633/1972. l’aliquota ordinaria (22%) sarà applicabile alle cessioni di digestato zootecnico destinato ad impianti di valorizzazione energetica ed altre destinazioni non agricole, ai liquami e letami ceduti per alimentare impianti di produzione di biogas, nonché al letame ceduto per la fabbricazione di fertilizzanti, nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto del ministro dell’ambiente n. 264/2016, emanato in attuazione dell’art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2006. [1] g.u. rescigno, l’atto normativo, bologna, zanichelli, 1998, 17. [2] a. papa, alcune considerazioni sulla tecnica del rinvio, in rass. parl., 1991, 281 ss. [3] federico sorrentino, università la sapienza, atti seminario di approfondimento “attuazione del procedimento taglia-leggi-problemi, proposte e prospettive”, 31 marzo, 2 e 21 aprile 2009- palazzo san macuto, 11 e ss. [4] una traccia di contratto è scaricabile dai siti delle regioni. redazione ©riproduzione riservata
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