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Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, lo schema del nuovo Testo Unico dell’IVA.
Il provvedimento unifica e razionalizza la normativa vigente, accorpando in un unico testo le disposizioni del D.P.R. 633/1972 (cosiddetto “Decreto IVA”), del D.L. 331/1993 – che ha introdotto l’armonizzazione della disciplina nazionale con gli scambi intracomunitari – e di altre norme relative all’imposta sul valore aggiunto.
Il nuovo Testo Unico dell’IVA si articola in 171 articoli e rappresenta un intervento organico di riordino normativo, realizzato in attuazione della Legge delega per la riforma fiscale n. 111 del 2023. Tale legge ha affidato al Governo il compito di razionalizzare e semplificare la normativa in materia di IVA, attraverso la fusione in un unico corpo normativo delle disposizioni che, nel corso degli anni, sono state introdotte, modificate o integrate. L’obiettivo principale è fornire agli operatori economici, ai professionisti e alla pubblica amministrazione uno strumento normativo chiaro, sistematico e aggiornato, evitando la frammentazione e le difficoltà interpretative derivanti dalla stratificazione delle fonti.
Con questo intervento vengono pertanto riunificate tutte le regole fondamentali sull’imposta sul valore aggiunto, comprese quelle relative alle operazioni nazionali, agli scambi intracomunitari, all’esportazione e alle specificità settoriali, rendendo il quadro normativo più coerente, accessibile e conforme alla disciplina europea armonizzata.
In sintesi, i 171 articoli del Testo Unico non introducono nuove imposte o adempimenti, ma riordinano la disciplina esistente, rendendo più agevole la consultazione e più efficiente l’applicazione della normativa IVA.
Per il settore agricolo non emergono novità. Infatti, come previsto dalla legge delega sono state semplicemente trasfuse nel Testo Unico le norme contenute in diverse “leggi”.
Non vi sono quindi modifiche in relazione al regime speciale IVA (ex art. 34 del D.P.R. 633/72): la corrispondente normativa è ora contenuta nel Capo II del T.U. IVA, all’articolo 133. Non è mutata neppure la tabella A, parte prima, nella quale sono elencati i prodotti agricoli che possono essere oggetto di cessione nell’ambito del citato regime speciale.
In merito alla cessione della birra, l’articolo 35 del nuovo Testo Unico chiarisce che essa è assoggettata all’aliquota IVA ordinaria del 22%, non essendo più inclusa nella Tabella A, Parte IV, che elenca i beni e servizi soggetti all’aliquota ridotta del 10%.
Tuttavia, resta invariato il trattamento IVA nell’ambito della somministrazione (come avviene in bar, ristoranti, agriturismi e simili): in questi casi, anche la birra beneficia dell’aliquota agevolata del 10%, poiché l’imposta si applica al servizio complessivo di somministrazione e non al singolo prodotto offerto al consumatore.
Il Capo II riporta inoltre:
Continuano quindi ad essere codificate nel nuovo testo unico anche le attività occasionali, di cui ai nuovi articoli 136 e 137, per le quali il soggetto che le esercita non è un soggetto passivo IVA.
Un ulteriore elemento da sottolineare è la conferma, senza modifiche, della disposizione ora contenuta nell’articolo 135 del nuovo Testo Unico IVA, relativa al regime forfettario applicabile alle attività agricole connesse, che comportano la produzione di beni e la prestazione di servizi.
La norma, nel suo testo attuale, continua a prevedere la possibilità di applicare una detrazione forfettaria pari al 50% dell’IVA relativa agli imponibili generati dalle seguenti attività:
Tuttavia, per le attività di cessione di beni di cui alla lettera a), come precisato dall’Agenzia delle entrate nella Circolare n. 6/E/2005, non possono beneficiare del regime forfettario di detrazione in quanto incompatibile con la disciplina comunitaria (art. 25).
Di fatto, pertanto, il regime forfettario si applica solamente alle prestazioni di servizi. Vedremo se prima delle pubblicazione, con apposito provvedimento, sarà possibile espungere dal Testo Unico dell’IVA questa incongruenza.