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L’Agenzia delle Entrate con la circolare 12/E dell’8 agosto scorso ha finalmente diramato i tanto attesi chiarimenti sulla riforma fiscale in agricoltura.
L’intervento normativo ha generato disappunto fra gli operatori florovivaistici, poiché le disposizioni, finalizzate ad introdurre nel sistema fiscale in agricoltura le colture innovative, determinavano in realtà anche un ingiustificato incremento di tassazione per le coltivazioni tradizionali svolte in serre accatastate in D/10.
Su queste pagine ho evidenziato più volte la problematica, contribuendo così a sollecitare un intervento ministeriale che, come vedremo in seguito, ha contribuito a fare chiarezza sulle finalità della riforma e ad indicare le modalità operative che i vari Uffici dell’Agenzia dovranno seguire al fine di non penalizzare eccessivamente (ed ingiustificatamente) il settore del florovivaismo. Per questi motivi occorre riconoscere il giusto merito alla redazione di Conzulenzaagricola.it che più di ogni altra fonte di informazione nel settore dell’agricoltura offre la possibilità agli autori di esprimere opinioni tecniche e indipendenti, a volte impopolari, ma sempre governate da solide motivazioni logico/giuridiche.
Al fine di comprendere appieno le finalità dei chiarimenti ministeriali, occorre ricordare che la riforma fiscale, in vigore dal primo gennaio 2024, ha rappresentato un punto di svolta per l’agricoltura, poiché da un lato ha riscritto il paradigma del reddito agrario, estendendone l’applicabilità anche a quelle forme di coltivazione che non utilizzano il terreno quale substrato di produzione, mentre dall’altro, ha dato finalmente dignità fiscale alle coltivazioni svolte nei fabbricati accatastati in D/10. Così facendo si è finalmente arrivati a riallineare la disciplina fiscale con quella catastale che dal 2012 imponeva l’accatastamento obbligatorio in D/10 (o annotazione ruralità) di tutti i fabbricati rurali permanenti.
Nonostante le pregevoli finalità, la riforma ha generato una duplice problematica:
Con la Circolare n. 12/E dell'8 agosto scorso l’Agenzia ha risolto queste problematiche e lo ha fatto seguendo criteri non caratterizzati da logica giuridica (il tenore letterale delle norme è incontrovertibile) ma contraddistinti da grande senso di opportunità. Del resto dopo che si è accumulato un ritardo di 12 anni per offrire dignità fiscale alle coltivazioni svolte nei fabbricati D/10 è ovvio che sorgano problematiche applicative difficili da risolvere.
Con il documento di prassi è stato chiarito che i nuovi e più onerosi criteri di tassazione introdotti dalla riforma fiscale per le coltivazioni effettuate nei fabbricati accatastati nelle categorie C/1, C/2, C/3, C/6, C/7, D/1, D/7, D/8, D/9 e D/10 trovano applicazione esclusivamente per le coltivazioni innovative, quali ad esempio le “vertical farm”, le “colture idroponiche” e quelle finalizzate alla micropropagazione in vitro”.
In buona sostanza, per le coltivazioni tradizionali, anche se vengono svolte in fabbricati D/10, trovano applicazione i criteri di tassazione previsti anche prima della riforma dal combinato disposto dall’art. 32 comma 2 lett. b) e dell’art. 28 comma 3 del TUIR. La forzatura interpretativa è tuttavia evidente, poiché la lett. b) non contempla affatto le coltivazioni nei fabbricati D/10 (ricompresi invece nella lett. b bis).
I chiarimenti hanno dunque un duplice effetto, da un lato escludono le coltivazioni tradizionali in serra dagli incrementi di tassazione previsti dalla riforma fiscale per le coltivazioni innovative e dall’altro sanano i comportamenti passati legittimando l’applicazione dei criteri catastali di determinazione del reddito anche per le coltivazioni svolte nei fabbricati D/10 ante riforma.
Avrei preferito un altro tipo di intervento che avrebbe potuto coordinarsi meglio con il tenore letterale delle disposizioni e offrire maggiori garanzie agli operatori del settore florovivaistico - in tal senso si veda la Circolare n. 308/2025 “Senza chiarimenti ufficiali, i florovivaisti rischiano una stangata fiscale oltre il 400%” - ma, come si suol dire, “a caval donato non si guarda in bocca”, pertanto non posso che accogliere con soddisfazione i chiarimenti offerti dalla Circolare 12/E dell'8 agosto 2025.
Nel prossimo numero della rivista di ConsulenzaAgricola.it analizzerò dettagliatamente il contenuto della circolare 12/E ed i chiarimenti offerti in materia di coltivazioni innovative e disciplina fiscale dei carbon credit.
[1] In attesa del decreto ministeriale di cui all’art. 32 comma 3 bis, il nuovo combinato disposto di cui all’articolo 28 comma 4-ter e art. 34 comma 4-bis del TUIR prevede uno specifico regime transitorio, in base al quale i redditi dominicale e agrario verranno determinati, per le produzioni in immobili censiti al catasto fabbricati, applicando alla superficie della particella su cui insiste l’immobile la tariffa d’estimo più alta in vigore nella provincia in cui è censita la particella, incrementata del 400 per cento[1]. Ai sensi di quanto previsto dal nuovo art. 28, comma 4 quater, il reddito dominicale determinato ai sensi del decreto di cui all'articolo 32, comma 3-bis, ovvero, in via transitoria, ai sensi del comma 4-ter, non può essere inferiore alla rendita catastale attribuita all'immobile destinato alle attività dirette alla produzione di vegetali di cui all'articolo 32, comma 2, lettera b-bis).