L'ultima bozza del Ddl di Stabilità «bollinata» ieri dalla ragioneria dello stato conferma l’aumento dell’aliquota IRAP dal 3,5 al 3,9% per professionisti e imprese e dal 1,7 al 1,9% per le imprese agricole.
In sostanza, il governo cancella con effetto retroattivo la riduzione delle aliquote concesse alle aziende con il decreto sul bonus Irpef.

Se il provvedimento non verrà modificato in sede di conversione, i versamenti per il 2014 dovranno, quindi, essere effettuati con un'aliquota più alta rispetto a quella ridotta dal precedente decreto del governo (ricordiamo che allora la copertura fu fornita dall'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20% al 26% a partire dal 1° luglio scorso).

Inoltre, nel determinare il saldo dell'Irap in scadenza il 16 giugno 2015, non si potrà beneficiare neanche della nuova agevolazione sulla deduzione integrale del costo del lavoro derivante da contratti a tempo indeterminato. Infatti, la "neutralizzazione" della componente lavoro dalla base imponibile Irap scatterà soltanto dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

In poche parole lo sconto IRAP per il 2014, indispensabile per dare un po’ di fiato alle imprese, scompare, per consentire uno sconto ancora più grande nel 2015, i cui benefici, però, verranno percepiti dalle aziende solo nel 2016, quando verrà versata la relativa imposta.

A prescindere dal contenuto economico/finanziario del provvedimento, è d’obbligo evidenziare che la scelta operata dal Governo si pone in netto contrasto con i principi che garantiscono la certezza del diritto e che nel nostro ordinamento sono codificati nello Statuto dei Diritti del Contribuente.

Se non viene garantita la certezza del diritto, il contribuente, oltre a non poter pianificare la propria attività di impresa, non può nemmeno fare affidamento su una riduzione futura delle imposte. Seguendo questa logica, infatti, nessuno può assicurare che detti provvedimenti saranno effettivamente attuati.