Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
La Camera di Consiglio del Tar del Lazio si è riunita ieri per decidere in merito alle sorti dell’Imu sui terreni montani.
La decisione assunta ieri, non ha confermato la sospensione con la quale il presidente del Tar aveva temporaneamente bloccato l’efficacia dell’obbligo di pagamento entro il prossimo 26 gennaio. La decisione assunta ieri dai giudici, pur non avendo confermato detta sospensiva, avrebbe avallato le pesanti censure al decreto del 28 novembre 2014, facendo presagire una bocciatura nel merito, nel caso in cui il Governo non provveda ad effettuare le opportune modifiche.
Resta comunque in campo la seconda sospensiva, disposta dal medesimo presidente del Tar su un procedimento analogo avente ad oggetto un ricorso presentato successivamente, la cui udienza è fissata per il prossimo 4 febbraio, data successiva alla scadenza del 26 gennaio. Pertanto, quest’ultima scadenza sarebbe sospesa, in attesa del giudizio del merito.
Il caos creatosi attorno a questa imposta, è per di più arricchito dai provvedimenti in lavorazione da parte del Governo, che nel consiglio dei Ministri di oggi potrebbe esaminare la soluzione che si baserebbe sulla già conosciuta “classificazione sintetica” Istat, soluzione che, senza stravolgimento dell’ultimo minuto, sembrerebbe entrare in vigore solo a partire dal 2015, mentre la scadenza del prossimo 26 gennaio riguarda l’imposta dovuta per il 2014.
In tutto questo susseguirsi di fatti, la confusione regna ormai sovrana anche se l’adempimento del prossimo 26 gennaio sembrerebbe effettivamente congelato dalla seconda sospensiva del TAR del Lazio.
Oltre a ciò, sebbene il contenuto dell’ordinanza del Tar si conoscerà solamente oggi, sembrerebbe che essa ribadisca le critiche al criterio altimetrico, poste, da parte del presidente stesso nel primo decreto sospensivo. Pertanto, in assenza di un provvedimento governativo, il decreto potrebbe essere bocciato nel merito, quindi chi decidesse di andare alla cassa il prossimo 26 gennaio con le regole dettate dal Decreto del 28 dicembre (fasce altimetriche) finirebbe con tutta probabilità con richiedere a rimborso quanto dovuto.
Tuttavia, occorre ricordare che lo statuto del contribuente prevede due disposizioni che proteggono i contribuenti, nel caso in cui in una situazione di confusione come quella attuale si dovesse incorrere in un errato o mancato versamento dell’imposta.
L’art. 2, comma 2, infatti, dispone che in ogni caso le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dall’adozione del provvedimento di attuazione. Dato che il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del giorno 6 dicembre 2014 ed è entrato in vigore il successivo 21 dicembre, il decreto dovrebbe restare inefficace fino al 19 febbraio 2015.
Per di più, il successivo articolo 10, comma 3, del medesimo Statuto, dispone che le sanzioni non sono comunque irrogate nel momento in cui la violazione dipende da “obiettive condizioni di incertezza” sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma.
Vista la disciplina normativa di cui sopra riteniamo del tutto inapplicabili eventuali sanzioni per un eventuale tardivo versamento riconducibile alla scarsa chiarezza normativa. Inoltre, nella peggiore delle ipotesi, il versamento tardivo dell’imposta potrebbe essere sanato con il ravvedimento operoso, versando l’imposta entro 14 giorni dalla scadenza del 26 gennaio, con una sanzione dello 0,2% giornaliero. Entro 30 giorni la sanzione è del 3%, entro 90 giorni del 3,33% ed entro un allo del 3,75%. Gli interessi sono dello 0,5% annuo.
L’unica soluzione che ad oggi sembrerebbe possibile è quella di effettuare una correzione retroattiva del decreto, così da poter portare su parametri solidi anche l’Imu per il 2014, ma in ogni caso anche tale soluzione non porterebbe nelle casse dello stato i 359 milioni di Euro che erano stati preventivati.