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Di fronte a consistenti investimenti, l’impresa agricola è portata a valutare di uscire dal regime IVA per l’agricoltura che, come è noto, non consente la detrazione dell’imposta sugli acquisti, e di optare per il regime normale.
Fin qui tutto bene. I problemi possono nascere quando l’impresa, nel proprio planning finanziario, prevede di incassare velocemente il rimborso dell’IVA assolta sulle fatture d’acquisto inerenti i suddetti investimenti.
È assai frequente, infatti, che tali opere vengano eseguite su terreni condotti in affitto (o comodato). Ancor più frequente la possibilità che i miglioramenti siano eseguiti da società semplici su terreni dei soci, avendo loro conferito nella società il diritto personale di godimento oppure stipulato con la società medesima un contratto d’affitto. Può trattarsi di fabbricati, di serre o più semplicemente di impianti frutticoli o viticoli.
L’articolo 30 del DPR n. 633/72 (legge IVA) prevede la possibilità di richiedere il rimborso in dichiarazione IVA per l’imposta relativa all’acquisto di beni ammortizzabili, sempreché l’eccedenza sia superiore a 2.582,28 euro. Se gli acquisti di beni ammortizzabili superano i 2/3 di tutti gli acquisti, il rimborso può essere chiesto anche infrannuale.
Rilevante è quindi stabilire se l’acquisto riguardi o meno un bene ammortizzabile. Non essendovi nella legge IVA alcuna definizione di bene ammortizzabile si deve necessariamente prendere a riferimento altre norme, quali quelle sulla determinazione del reddito d’impresa (T.U.I.R.) e quelle del codice civile per la formazione del bilancio. Entrambe queste disposizioni distinguono tra “immobilizzazioni materiali” ed “altre immobilizzazioni”; le prime riguardano i beni strumentali propri, mentre le seconde riguardano spese su beni non propri.
Secondo una corrente di pensiero, non ha importanza questa distinzione essendo necessario soltanto che si tratti di acquisto di beni strumentali, ossia di quei beni che abbiano, come unica destinazione, quella di essere direttamente impiegati nell'espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, così da non essere idonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti. Tutti i beni di questo tipo sono comunque “ammortizzabili”, nel senso che il loro costo deve essere ripartito in più esercizi, a prescindere dalla modalità dell’ammortamento ed indipendentemente dal fatto che si tratti di beni di proprietà dell’imprenditore o riguardino migliorie su beni di terzi.
In passato, per quanto riguarda l’agricoltura, nella prassi non si distingueva tra beni propri o su terreni altrui, ma si aderiva alla tesi che tutto ciò che era una spesa a valenza pluriennale poteva rientrare nel concetto di bene ammortizzabile, e si chiedeva pertanto il rimborso IVA su tutti gli acquisti del genere; anche per gli impianti frutticoli e viticoli, considerato che l’Amministrazione finanziaria li ha considerati beni strumentali (Circ. 10/4/1991 n11 e Ris. 27/E del 5/2/2003).
Senonché nel 2004 la Corte di Cassazione (sentenza n. 4/2004) non ha condiviso il principio dell’equazione “bene strumentale = bene ammortizzabile”, tanto che, secondo la sentenza, non tutti i beni strumentali sono anche ammortizzabili e viceversa non tutti i beni ammortizzabili sono necessariamente strumentali. Con questa decisione è venuta meno la stampella che sorreggeva la tesi maggioritaria, che ammetteva appunto il rimborso IVA per tutti i beni strumentali (accettata, per prassi consolidata, da molti uffici periferici dell’Agenzia).
L’Agenzia, con risoluzione 179/E del 2005, precisa che nel concetto di “acquisto” ci si deve riferire ad ogni atto che faccia acquisire la disponibilità del bene come proprietà. Il rimborso Iva dovrà essere pertanto negato in tutte le ipotesi di spese inerenti opere che non possono avere una loro autonoma funzionalità e utilizzabilità, non potendo le stesse essere rimosse al termine del periodo di utilizzo, non possono essere iscrivibili tra le immobilizzazioni materiali. Se l'opera eseguita non risulta essere di proprietà del soggetto che l'ha effettuata, non può essere considerata ammortizzabile. Ci deve essere, pertanto, la perfetta identità tra chi sostiene la spesa e la proprietà (o un diritto di superficie) del fondo.
Da quel momento sono iniziati i dinieghi al rimborso delle spese di miglioria su terreni altrui (compresi quelli effettuati per impianti fotovoltaici su terreni in affitto). Senonché, sempre la Cassazione con due sentenze (n. 8389/2013 e n. 9397/2014) ha rovesciato di nuovo il principio, per cui sarebbe sufficiente, perché sussista il diritto al rimborso IVA, che si tratti di spese inerenti beni strumentali, indipendentemente dalla loro autonoma funzionalità o asportabilità al termine del periodo di locazione.
Quando ormai si dava per definitivo questo orientamento, ecco a sorpresa che la Cassazione fa di nuovo retromarcia, stabilendo, con la sentenza n. 2479 del 4/12/2015, che è legittimo il diniego del rimborso IVA quando le spese non fanno acquistare la proprietà del bene strumentale.
Il duello giuridico al più alto livello giurisprudenziale non fa sicuramente bene alla certezza del diritto.
L’incertezza sul rimborso immediato, anzi, la certezza del suo diniego, deve orientare l’impresa agricola a scegliere il meno breve ma sicuro meccanismo della minore eccedenza detraibile nel triennio, ammesso dal 4° comma dell’art. 30 del Dpr 633/72.