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Non si può correggere la rendita catastale dei fabbricati senza darne un’adeguata motivazione. Questo ha deciso la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, con la sentenza 762/67/2016 depositata l’8 febbraio 2016.
L’oggetto della controversia riguardava il ricorso di un’azienda avverso degli avvisi di rettifica di rendite catastali avanzando doglianze circa l’infondatezza della rettifica e la completa mancanza di motivazione degli atti.
In primo grado, la commissione tributaria provinciale aveva respinto il ricorso, sostenendo che la carenza di motivazione dei provvedimenti era stata in qualche modo sanata dalla puntuale attività difensiva dell’azienda.
Questa poco condivisibile posizione è stata poi riformata dalla sentenza in commento con cui la CTR Lombardia ha stabilito che la motivazione è quel minimo apparato narrativo con cui l'Agenzia deve descrivere l'iter logico attraverso il quale è giunta ad accertare le maggiori rendite; il tutto in modo tale da consentire alla Ricorrente di svolgere, eventualmente, le proprie doglianze onde evidenziare gli errori di fatto e di diritto in cui fosse incorsa l'Agenzia.
La motivazione del provvedimento, quindi, ha la funzione di garantire il diritto di difesa da parte dell’individuo che lo subisce, in quanto è solo grazie alla motivazione che si “persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l'opportunità di esperire l'impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l'an e il quantum”.
La valutazione circa la qualità della motivazione va quindi esercitata ex ante, al fine di comprendere se sono stati forniti tutti gli elementi per l’esercizio concreto del diritto di difesa e non, come prospettato dal giudice di primo grado, una mera valutazione successiva relativa, prevalentemente, alla concreta attività difensiva svolta.
Peraltro, il valore della motivazione nell’ambito degli atti su modifiche catastali e relative rendite è stato più volte sostenuto anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che è stata recentemente più volte chiamata a pronunciarsi sul tema.
Secondo gli ermellini, infatti, la motivazione dell’avviso di accertamento ha carattere sostanziale e non solo formale, utile non solo a provocare la difesa del contribuente ma anche il successivo perimetro dell’azione difensiva stessa (sent. 20251/2015).
Inoltre, è stato considerato illegittimo il riclassamento che non indichi gli elementi necessari per comprendere le ragioni della variazione. La sentenza 23247/2014, infatti, richiede che tale atto contenga una puntuale elencazione degli elementi rilevanti (rapporti tra valore di mercato e catastale, eventuali trasformazioni edilizie, indicazione dei fabbricati ecc.) al fine di consentire il corretto esercizio del diritto di difesa.
Gli orientamenti sopra esposti sono particolarmente interessanti per il settore agricolo, infatti, le aziende sono molto spesso raggiunte da avvisi di accertamento con cui l’Agenzia del Territorio, molto spesso senza nessuna motivazione, nega la ruralità dei fabbricati o ridetermina la rendita degli stessi.
Seguendo l’orientamento della CTR Lombardia e della stessa Suprema Corte di Cassazione questi avvisi devono essere considerati totalmente illegittimi.