Tutti gli impianti fotovoltaici, siano essi a terra o integrati sui tetti, perdono la rendita catastale. Questa ed altre sono le risposte fornite dall’Agenzia dell’Entrate con alcuni chiarimenti che presto dovrebbero essere formalizzati in una circolare.
I proprietari degli impianti fotovoltaici possono presentare atti di aggiornamento per la rideterminazione della rendita per gli immobili censiti nella categoria D1, ma tale variazione dovrebbe essere possibile anche per gli impianti accatastati come D10, ossia come fabbricati rurali.
Tali variazioni si sono rese necessarie dopo l’approvazione della Legge di Stabilità 2016 che, all’art. 1 comma 21, ha previsto che “la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”.
Per gli impianti dichiarati autonomamente, la nuova rendita dev’essere determinata considerando soltanto il suolo o l’elemento strutturale su cui l’impianto è stato realizzato. Chi ha realizzato un impianto utilizzando un mero diritto di superficie, quindi, sarà tenuto a pagare l’imposta municipale soltanto sul lastrico solare di sua competenza.
Inoltre, se gli impianti sono costruiti a terra da agricoltori, il terreno non risulterà più accatastato come terreno agricolo, ma come opificio: in tal caso, comunque, resterà esente da IMU in quanto rientrante nella categoria D10.
Se invece i pannelli fotovoltaici vengono collocati sul tetto del fabbricato, il proprietario sarà tenuto a ripristinare il valore dell’immobile che, secondo quanto richiesto dall’Agenzia del Territorio, doveva essere rivalutato nel caso di un incremento del 15% del valore totale dell’immobile a seguito della costruzione dell’impianto.
Ulteriori chiarimenti sono stati forniti circa la possibilità di chiedere l’annotazione di “unione di fatto ai fini fiscali” di due unità immobiliari contigue ma autonomamente accatastate.
Tale unione consente di considerare le caratteristiche proprie dell’unità formata nel suo complesso, preservando la suddivisione originaria delle rendite delle relative porzioni. A seguito di tale operazione, potrebbe scattare l’esenzione Imu e Tasi se l’”unione” fosse abitazione principale per ciascun proprietario.
Infine, viene precisato che sono fabbricati collabenti (accatastati come F2) quelle costruzioni che presentano un livello di degrado tale da determinare l’impossibilità di produrre un reddito proprio. Ciò vale anche quando l’unità presenta muri perimetrali integri.
La nota 29349/2013 afferma infatti che la categoria F2 non è ammissibile quando il fabbricato sia accatastabile in altra categoria ovvero non sia individuabile o perimetrabile.
Non è perimetrabile la costruzione priva di copertura o delimitata da muri alti meno di un metro. Se si verifica uno solo di questi requisiti, ma il fabbricato non può accatastato altrimenti, allora l’immobile dev’essere incluso nella categoria F2.
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