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Pochi giorni fa, a seguito di un lungo e complicato dibattito, è stata approvata la legge 76/2016 destinata a regolamentare le unioni civili e i rapporti di convivenza.
Tale legge ha sostanzialmente riproposto la disciplina applicabile al matrimonio per le persone dello stesso sesso: la quasi totalità dei diritti e dei doveri spettanti agli sposi possono essere assunti da due persone maggiorenni dello stesso sesso, mediante una dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile davanti a due testimoni.
Un altro profilo assimilato al rapporto di matrimonio è quello riguardante le cosiddette convivenze di fatto, ossia due persone maggiorenni, unite da legami affettivi di coppia e dalla reciproca assistenza morale e materiale, che non siano vincolate da alcun rapporto di parentela, di adozione, di unione civile o di coniugio.
Tanto le unioni civili che le convivenze sono suscettibili di produrre effetti nella sfera dei due soggetti legati all’interno del rapporto, in termini di diritti e doveri da quel rapporto discendenti.
OBBLIGHI RECIPROCI
Nelle unioni civili non è previsto l’obbligo di fedeltà e a seguito della stipula di un’unione civile le parti possono stabilire un cognome comune; entrambi i soggetti acquisiscono inoltre il dovere reciproco all’assistenza morale e materiale, alla contribuzione ai bisogni comuni e alla coabitazione. Principio della coabitazione che, al contrario, rappresenta il requisito necessario per la determinazione di un rapporto di convivenza.
In forza di tale rapporto, i soggetti si forniscono reciproca assistenza morale e materiale. Sono previsti diversi diritti anche nel caso di malattia o ricovero: è previsto il reciproco diritto di visita e di accesso ai dati personali come previsto per i coniugi, i familiari e i soggetti legati da unioni civili. Inoltre, il convivente può designare l’altro come rappresentante in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere e in caso di morte tramite designazione scritta e autografa o manifestata davanti a un testimone.
IMPRESA FAMILIARE E CASA COMUNE
Tanto gli “uniti” che i conviventi possono far redigere atto notarile con cui formalizzare la partecipazione all’impresa familiare del compagno. Diversa, invece, è la disciplina relativa alla casa comune: in caso di morte di uno dei componenti della coppia, sia l’unito che il convivente hanno diritto a continuare a risiedervi. Mentre nelle unioni civili, tale diritto ha durata vitalizia, nelle convivenze esso ha durata biennale o pari alla durata della convivenza se non maggiore ai cinque anni.
SUCCESSIONE
Differenze significative tra i due istituti si riscontrano anche in materia di successione. Mentre le parti di un’unione civile hanno, a livello successorio, gli stessi diritti dei coniugi; nessun diritto spetta al convivente il quale può, quindi, disporre della sua eredità nei limiti previsti dalla legge.
RAPPORTI PATRIMONIALI
Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali, nelle unioni civili tali rapporti sono previsti dalla legge: il regime ordinario è quello della comunione dei beni, ma esso può essere derogato a livello pattizio, con la scelta della separazione piuttosto che tramite la costituzione di un fondo patrimoniale. I conviventi, invece, non hanno a tali scopi alcun diritto previsto dalla legge: l’eventuale regolazione di tali rapporti è, pertanto, interamente devoluta alla scelta contrattuale dei soggetti conviventi.
SCIOGLIMENTO
Alle maggiori tutele garantite, corrisponde una maggiore formalità nella conclusione del rapporto: l’unione civile può essere sciolta dopo tre mesi da quando le parti abbiano manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglierla, con apposita domanda. Nessun adempimento è invece richiesto per lo scioglimento di una convivenza: attenzione tuttavia ai rapporti patrimoniali pendenti che andranno risolti con la controparte per evitare scomode propaggini in contenzioso.