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Il contratto di soccida è, secondo la definizione data dall’art. 2170 del codice civile, quel contratto con cui “il soccidante e il soccidario si associano per l'allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano”.
Tale strumento talvolta viene utilizzato anche con finalità elusive. Uno dei casi riguarda il mondo dei produttori di latte vaccino e di prodotti caseari. Per tali soggetti, come noto, fino al 2015 era in vigore la disciplina delle cosiddette “quote latte”: per la produzione eccedente i limiti stabiliti dalla UE, era previsto l’obbligo in capo agli Stati di riscuotere una sorta di prelievo supplementare per i prodotti eccedenti.
Per aggirare tali limiti, spesso si è utilizzato un contratto di soccida simulato. Così facendo, infatti, si rendeva possibile trasferire la maggior produzione del soccidario al soccidante che, generalmente, aveva una produzione sotto la soglia stabilita dalle quote latte.
In sostanza, l’apparente soccidario proseguiva l’attività con i medesimi capi di bestiame ma, dal punto di vista formale, la produzione era imputata all’apparente soccidante nel limiti delle quote latte.
Dal punto di vista finanziario il soggetto che emetteva le fatture (soccidante apparente) trasferiva gli incassi al produttore effettivo (soccidario apparente) al netto di un compenso per la cessione delle quote latte.
Questa scelta, tuttavia, non è priva di rischi. Oltre alla possibilità di vedersi comminate le sanzioni per la violazione delle regole concernenti il rispetto delle quote latte, l’operazione presenta significative problematiche anche dal punto di vista fiscale.
Per quanto concerne le imposte dirette la simulazione del contratto di soccida non consente al soccidante di usufruire della determinazione del reddito su base catastale per il latte acquistato dall’apparente soccidario e rivenduto (vengono meno i presupposti del contratto associativo in cui entrambe le parti partecipano all’attività di impresa agricola).
Per quanto riguarda il regime IVA, la Cassazione con la sentenza n. 12872/2016, ha affermato che non è possibile riconoscere la detrazione dell’imposta tramite le percentuali di compensazione ex art. 34 del DPR 633/1972 se le operazioni non sono state debitamente fatturate e registrate. Il diritto alla detrazione decade anche nel caso di fatture emesse per operazioni inesistenti.
Sulla base di ciò, quindi, entrambe le parti del contratto perderebbero la possibilità di detrarre l’IVA per le operazioni simulate: infatti l’apparente soccidario non fattura le operazioni realizzate, mentre l’apparente soccidante emette fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.