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Talvolta si sente parlare di unità o fabbricati collabenti. Nel gergo comune, tali costruzioni vengono spesso definite come ruderi, anche se, tale definizione è senz’altro imprecisa.
I fabbricati collabenti sono costruzioni che rientrano nel gruppo catastale F, ossia quello che contraddistingue gli immobili privi di rendita. Tra questi, come previsto dall’art. 3 comma 2 del DM 28/1998, ci sono anche tutte quelle costruzioni inidonee a utilizzazioni produttive di reddito a causa del loro elevato livello di degrado.
In generale, infatti, si tratta di fabbricati che possono essere resi abitabili o utilizzabili solo tramite interventi di ristrutturazione radicale.
Il fabbricato collabente può essere iscritto nella categoria catastale F/2 e, a tal fine, sono necessarie:
La mancata produttività di reddito fa sì che l’immobile di categoria catastale F/2 non sia più soggetto ad IMU e a TASI. Ciononostante molti Comuni pretendono il pagamento dell’IMU sul valore dell’area sottostante riqualificandola come edificabile.
Riteniamo che questo orientamento non possa essere condiviso, poiché si pone in netto contrasto con quanto previsto dalla stessa Amministrazione Finanziaria con la recente Circolare n. 27/E del 13 Giugno 2016.
Secondo quanto riportato nella richiamata circolare un fabbricato collabente cessa di essere tale e può essere ricondotto nell’alveo delle aree, solo se sussistono entrambi i seguenti requisiti:
a) il fabbricato è totalmente privo di copertura e della relativa struttura portante e di tutti i solai;
b) il fabbricato è delimitato da muri che non hanno altezza pari ad un metro.
In buona sostanza, l’immobile collabente cessa di essere tale (un fabbricato privo di rendita) solo se è ridotto ad un cumulo di pietre (i muri perimetrali di altezza inferiore ad un metro rendono irriconoscibile la struttura); pertanto, in tutti gli altri casi i Comuni non possono in alcun modo ipotizzare la tassazione dell’area di sedime, poiché siamo al cospetto di un fabbricato, seppur privo di rendita, e non di un terreno.
L’orientamento sin qui espresso è condiviso dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 10735 del 8/05/2013, dalla Commissione Tributaria Regionale Lombardia Milano Brescia Sez. LXVI, con la sentenza n. 4675 del 18/09/2014, dalla Commissione Tributaria Provinciale di Forlì che con la Sentenza 261/2012 e dai Giudici di prime cure di Cremona con la sentenza n. 52/03/2012.