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Capita frequentemente che dopo l’emissione della fattura si verifichino delle situazioni modificative dell’operazione (resi, sconti, ecc.) oppure, e in quest’ultimi tempi più spesso che in passato, il mancato pagamento da parte del cliente. Ed è quest’ultima circostanza che vogliamo approfondire, anche alla luce delle modifiche apportate all’art. 26 del Dpr 633/72 (legge IVA).
Se il cliente che ha ricevuto la merce o la prestazione non paga la fattura, il danno economico non riguarda solo il prezzo o il compenso, ma anche l’IVA esposta in fattura.
Per una miglior comprensione del concetto, dobbiamo premettere che l’IVA è un debito tributario che grava sul cedente o prestatore (c.d. soggetto passivo) e solo successivamente sul cessionario (cliente) per effetto dell’obbligo di rivalsa.
In altre parole, chi emette la fattura deve versare l’IVA, nei tempi e nei modi previsti dal proprio regime contabile (mensile, trimestrale, annuale) a prescindere dal momento del suo pagamento da parte del cliente. Il cliente è obbligato a pagare l’IVA in fattura, ma se non lo fa il venditore non può esimersi dal versarla ugualmente all’erario.
L’insolvenza del cliente crea pertanto al venditore un doppio danno: commerciale e fiscale.
L’art. 26 della legge IVA prevede un rimedio, a favore del venditore, qualora si verifichino determinate circostanze. Nel testo prima della modifica apportata dalla legge di stabilità 2016, il venditore, per poter recuperare l’IVA assolta sulla fattura insoluta, doveva necessariamente:
Come si può ben immaginare, solo dopo molti anni si riusciva a recuperare l’IVA. Inoltre, le procedure esecutive hanno un costo notevole, che si può sostenere solo per crediti elevati. Conclusisi tali eventi, il recupero dell’IVA avviene tramite l’emissione di una nota di variazione, la quale va annotata nel registro degli acquisti o, in alternativa, nel registro fatture emesse ma con il segno (-) meno.
La legge di stabilità (n. 208/2015) da una parte ha ridotto notevolmente i tempi di attesa in caso di fallimento e altre procedure concorsuali e dall’altra ha dato più certezze quando si attiva la procedura esecutiva.
La nuova formulazione dell’art. 26 cambia la data dalla quale il creditore può emettere la nota di variazione. In particolare prevede che la facoltà di emettere la nota di variazione decorre:
A) a partire dalla data in cui quest'ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
Si tratta di:
- fallimento;
- liquidazione coatta amministrativa;
- concordato preventivo;
- amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;
- ristrutturazione debiti ex art. 182-bis, legge fallimentare;
- piano di risanamento attestato ex art. 67 della legge fallimentare
La nota di variazione IVA, e quindi il recupero dell’imposta, potrà essere emessa all’inizio della procedura concorsuale, senza più attendere la sua conclusione. Qualora poi, al termine della procedura, il creditore dovesse incassare il suo credito o una parte dello stesso, scatterà l'obbligo di emettere corrispondente nota di variazione in aumento.
Questa modifica decorrerà dal 1° gennaio 2017.
B) a causa di procedure esecutive rimaste infruttuose.
Viene precisato che per procedura “infruttuosa” si intende:
La definizione di procedura “infruttuosa” ha carattere interpretativo, e quindi si applica per il presente, il futuro ed anche per il passato.
Le modifiche apportate all’art. 26 porteranno un apprezzabile vantaggio ai cedenti e prestatori nell’ipotesi di fallimento del proprio cliente, a prescindere dal valore del credito. Invece, nel caso di semplice morosità o insolvenza non fallimentare, essendo comunque necessario intraprendere l’azione esecutiva contro il cliente moroso, il vantaggio è connesso all’importo del credito (e alla solvibilità del cliente).
Anche con la novella legislativa, il recupero dell’IVA sui piccoli crediti continuerà ad essere una chimera.