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Il tema della fatturazione rappresenta un argomento molto importante e delicato, suscettibile di avere un impatto molto importante sulla vita delle aziende agricole nel caso di errori o imprecisioni.
Sul tema, la giurisprudenza si è più volte espressa, mostrandosi intransigente nei confronti di fatture generiche ed incomplete: in questi casi, infatti, si è ritenuto pienamente legittimo procedere all’accertamento induttivo.
Un esempio lo si può ritrovare nella sentenza n. 290/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Asti che ha confermato la correttezza dell’attività posta in essere dall’Agenzia, la quale aveva assoggettato, appunto, ad accertamento induttivo una macelleria, la quale aveva acquistato carne da alcuni produttori.
Nell’ambito di tale acquisto, alcune fatture contenevano soltanto l’indicazione del numero dei capi e non il relativo peso: la mancanza di tale informazione, secondo la Commissione, rendeva impossibile la precisa determinazione del valore dei capi e, quindi, la corretta valutazione circa l’applicazione dell’imposta.
La normativa di riferimento è contenuta nell’art. 21 del DPR 633/1972, il quale disciplina quali sono i contenuti essenziali che devono essere presenti in fattura. Oltre a tutti i dati dei due contribuenti, particolarmente importante è la previsione del comma 2, lett. g), che individua come elemento necessario l’indicazione della “natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione”.
Per quanto riguarda i requisiti di natura e qualità, le indicazioni in fattura devono essere sufficienti all’esatta individuazione e alla corretta quantificazione del corrispettivo in relazione alla specie animale, alla razza, all’età. Tali elementi devono risultare con chiarezza, al fine di agevolare eventuali controlli successivi (Ris. Min. n. 111 del 3 maggio 1995).
Relativamente all’elemento della quantità, invece, non c’è una specifica richiesta normativa; ciononostante si ritiene che, anche in questo caso, il dato debba essere coerente e tale da non generare dubbi.
Tali principi sono stati accolti anche dalla giurisprudenza comunitaria: la Corte di Giustizia, nella pronuncia C-516/14 del 15 settembre 2016, ha affermato che una generica descrizione in fattura dei servizi (o dei prodotti) non consente la precisa valutazione dell’entità dei servizi (o prodotti) e, pertanto, è inidonea a consentire la detrazione da parte del cliente.
In tal senso, si è più volte espressa anche la Corte di Cassazione (sent. 21980/2015 e 16649/2011) la quale ha confermato che la puntuale indicazione in fattura è necessaria ai fini degli eventuali controlli successivi e può essere omessa solo quando la particolarità dell’operazione non permette una precisa determinazione della quantità o della qualità dei beni ceduti.
Pertanto, in sede di emissione delle fatture è fondamentale procedere ad una precisa e puntuale indicazione dei prodotti oggetto della cessione, onde evitare conseguenze negative come sanzioni (ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 471/1997), accertamenti e contestazioni.