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Non possono essere revocate le agevolazioni per la piccola proprietà contadina (PPC) se l’acquirente esercita altre attività rispetto a quella agricola o percepisce altri redditi di natura diversa. Ciò vale anche se l’acquirente non dichiara redditi agrari.
Ciò è stato deciso dalla CTR Lazio con la sent. 7010/05/16 del 17 novembre 2016.
Il caso riguardava un avviso di liquidazione, emesso dall’Agenzia delle Entrate per recuperare le imposte di registro ed ipotecaria dovute a causa della decadenza dalle agevolazioni fiscali previste per l’accorpamento della piccola proprietà contadina di cui il contribuente aveva usufruito per l’acquisto di un terreno agricolo.
L’Ufficio contestava al contribuente l’insufficienza delle prove documentali presentate per attestare la propria qualifica di coltivatore diretto, argomentando, inoltre, che costui non dichiarava redditi agrari, ma soltanto redditi da fabbricati e da partecipazione in società immobiliari e, pertanto, non poteva usufruire dei benefici PPC.
In primo grado la CTP aveva accolto il ricorso del contribuente e, nonostante il ricorso in CTR dell’Agenzia, anche in secondo grado le agevolazioni venivano confermate.
In prima battuta, argomentano i giudici, non può essere contestato quanto accertato tramite il certificato che attesta il possesso dei requisiti di cui alla L. 604/1954 per l’accesso alle agevolazioni PPC.
All’atto di compravendita, infatti, il soggetto ha presentato il certificato provvisorio attestante che erano in corso gli accertamenti sulla sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi di cui all’art. 2 della L. 604/1954, necessari all’applicazione dell’agevolazione. Successivamente, il contribuente acquisiva il certificato definitivo e, con esso, anche la qualifica di coltivatore diretto.
Oltre alla qualifica soggettiva, il contribuente produceva anche una perizia attestante la sottoposizione del terreno a lavorazione agricola, oltre che i documenti relativi a comunicazioni INPS per il versamento dei contributi agricoli, fotografie, atti comunali per l’assegnazione del gasolio agricolo ed altri documenti.
Una volta provato il possesso delle necessarie certificazioni di cui all’art. 4 e lo svolgimento delle attività di coltivazione di cui all’art. 2 della L. 604/1954, secondo la CTR a nulla rileva la mancata dichiarazione dei redditi agrari né, tantomeno, la provenienza dei redditi dichiarati dall’affitto di fabbricati e dalla partecipazione ad una società immobiliare.
Tali affermazioni vengono fatte sulla base di un’applicazione in senso estensivo di una pronuncia della Cassazione in materia di agevolazioni per i terreni montani ex art. 9 del DPR 601/1973.
Con le sent. 228/2016 e 22001/2014, i giudici di legittimità hanno affermato che non occorre l’esclusività o la prevalenza dell’attività di coltivazione diretta rispetto alle altre eventualmente esercitate, purché queste ultime non siano causa di impossibilità della coltivazione del fondo stesso.
Pertanto, non essendo provato alcun elemento concreto che dimostri la mancata coltivazione del fondo da parte del contribuente, la CTR ha censurato l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia.