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Quale valore attribuire ai fabbricati rurali nell’ambito della dichiarazione di successione è stata una problematica per lungo tempo oggetto di ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza.
Per addivenire ad una risposta, occorre innanzitutto analizzare la disciplina che individua le caratteristiche dei predetti beni immobili: la norma di riferimento è l’art. 9, commi 3 e 3-bis, del D.L. 557/1993, che definisce rispettivamente i fabbricati rurali abitativi e quelli strumentali.
Per quanto riguarda i rurali abitativi, il richiamato comma 3 prevede che, nel rispetto del requisito dimensionale (asservimento ad un terreno agricolo di estensione non inferiore a 10.000 mq, 3.000 mq per serre, funghicoltura o Comuni montani) e di quello reddituale (volume d’affari del soggetto che conduce il fondo sia superiore alla metà, 1/4 nei terreni montani, del suo reddito complessivo), sono tali gli immobili accatastati come A/1 o A/8 utilizzati come abitazione:
Per i fabbricati rurali strumentali, invece, ai sensi dell’art. 9 comma 3-bis, deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell'attività agricola di cui all'articolo 2135 del codice civile.
Tanto i fabbricati rurali abitativi che quelli strumentali mantengono la loro rendita catastale, la quale viene assorbita generalmente dal reddito dominicale del terreno. La rendita del fabbricato, infatti, rileva in via autonoma soltanto nel momento in cui esso non può più considerarsi rurale, come precisato dalla circolare 50/E/2000.
Nel caso in cui tali fabbricati cadano in successione, ci si è a lungo chiesti come trattare la rendita catastale del fabbricato, ossia se essa andasse dichiarata autonomamente o se tale valore dovesse essere omesso in quanto ricompreso nella redditualità del terreno.
Con la risoluzione 207/E/2009, l’Agenzia ha precisato che la rendita catastale attribuita al fabbricato va indicata, in sede di dichiarazione di successione, ma il valore da dichiarare sarà pari a zero in quanto, diversamente, si andrebbe a dichiarare una seconda volta un valore già dichiarato col terreno a cui l’immobile è asservito.
Attenzione, ciò vale solo se l’erede del de cuius possiede i requisiti richiesti dall’art. 9 commi 3 e 3-bis del D. L. 557/1993.
Si segnala, inoltre, che il principio sopra esposto è stato ripreso in una recente circolare 37/E/2016 in materia di trasformazione e assegnazione agevolata. Con tale documento, l’Agenzia ha confermato che “l’imposta sostitutiva (per le operazioni di cessione/assegnazione), pertanto, deve essere determinata in considerazione del solo valore catastale dei terreni agricoli, sempreché il fabbricato rurale sovrastante sia strumentalmente funzionale alle necessità del fondo e sia trasferito unitamente al fondo stesso”.