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L’inserimento della ruralità dei fabbricati negli atti catastali ha efficacia retroattiva quinquennale dal 1° gennaio 2006 se la domanda di variazione prevista dall’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 70/2011, è stata presentata correttamente entro il termine del 30 settembre 2012.
Nessuna conferma o autorizzazione alcuna da parte dell’Agenzia è richiesta al fine di attribuire la ruralità ai fabbricati: lo ha confermato la CTR Toscana, con la sent. n. 409/29/17, la quale ha riconosciuto che la disposizione di cui all’art. 2, comma 5-ter, del D.L. 102/2013 ha carattere di interpretazione autentica, così come affermato anche dalla Cassazione (ordinanza n. 24366/2016).
Il caso riguardava un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia nei confronti di un contribuente, al quale venivano contestati maggior redditi fondiari derivanti da alcuni fabbricati accatastati nell’anno 2008 come A/4 e C/2.
Il ricorrente, però, affermava che l’accertamento era illegittimo in quanto i fabbricati dovevano essere considerati rurali in quanto, successivamente, era stata presentata domanda di variazione catastale ai sensi dell’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 70/2011, con cui questi erano stati riclassati rispettivamente come A/6 e D/10.
Tale variazione era stata fatta ai sensi della disciplina del richiamato art. 7 del D.L. 70/2011, il quale prevedeva la possibilità di riclassare i fabbricati dotati dei requisiti di ruralità sulla base della presentazione di un’autocertificazione e della documentazione di supporto.
La CTP accoglieva il ricorso del contribuente, affermando che in assenza di alcun diniego da parte dell’Agenzia del Territorio, la domanda di variazione catastale doveva ritenersi accettata in virtù del principio del silenzio assenso.
L’Ufficio, però, impugnava tale pronuncia, affermando che il D.L. 70/2011 prevedeva un apposito procedimento di istruttoria dell’Ufficio stesso, il quale era il soggetto deputato a convalidare il contenuto della domanda.
La disciplina del D.L. 70/2011 ha avuto una vita molto breve, in quanto la norma è stata abrogata nel gennaio 2012 e sostituita dall’art. 13, comma 14-bis del D.L. 201/2011.
Tale norma stabiliva che, per l’inserimento negli atti catastali della ruralità, veniva confermato il meccanismo della presentazione delle domande di variazione tramite l’autocertificazione del requisito della ruralità, riconosciuto retroattivamente a decorrere dal quinto anno precedente alla presentazione della domanda.
Il richiamato meccanismo non prevede alcuna istruttoria o conferma da parte dell’Agenzia del Territorio, la quale potrà prevedere delle verifiche a campione delle domande e delle autocertificazioni.
L’impostazione sopra citata è stata poi confermata dall’art. 2, comma 5-ter, del D.L. 102/2013, il quale ha precisato che la disciplina di cui all’art. 13, comma 14-bis del D.L. 201/2011 deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. 557/1993.
Sulla base di ciò, la CTR ha deciso che l’inserimento negli atti catastali della ruralità degli immobili ha effetto retroattivo quinquennale dal 1° gennaio 2006. A nulla rileva il silenzio dell’Ufficio: gli effetti si producono automaticamente alla presentazione della domanda. All’Agenzia del Territorio resta solo il potere di svolgere controlli successivi a campione.