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Anche le società titolari della qualifica di IAP possono accedere all’esenzione IMU sui propri terreni: lo hadeciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 375/2017.
Si tratta di una pronuncia molto importante, in quanto estende l’area dell’esenzione, superando alcuni dubbi interpretativi che, per lungo tempo, hanno creato ampio dibattito in dottrina e non pochi accertamenti da parte dei Comuni.
Il caso riguardava una controversia tra una impresa agricola in forma di SNC e il Comune di Spoleto, il quale aveva negato le agevolazioni ICI per gli anni dal 2005 al 2008, sulla base delle previsioni di cui all’art. 58 del D. Lgs. 446/1997.
Il comma 2, del richiamato art. 58, prevede che “agli effetti dell'applicazione dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, relativo alle modalità di applicazione dell'imposta ai terreni agricoli, si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall'articolo 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell'assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia”.
Sulla base di tale previsione, si è lungamente sostenuto che la necessaria iscrizione negli elenchi di cui all’art. 11 della L. 9/1963 escludesse dalle agevolazioni le società, attribuendo i benefici fiscali alle sole persone fisiche.
Secondo la Corte, però, tale condizione è stata superata dall’emanazione del D. Lgs. 99/2004, il quale ha introdotto nell’ordinamento italiano la figura dell’imprenditore agricolo professionale. Ogni società, infatti, può acquisire tale qualifica purché:
A sua volta, il socio o amministratore, per potersi qualificare come IAP, deve possedere alcuni requisiti, tra cui:
I principi utilizzati dalla Cassazione nell’ordinanza n. 375/2017 ai fini ICI possono essere poi riutilizzati anche per l’attuale disciplina IMU. Oggi, infatti, è prevista una totale esenzione dall’imposta municipale per gli imprenditori agricoli professionali, così come individuati dall’art. 1 del D. Lgs. 99/2004: tale norma prevede anche le società, le quali, quindi, possono accedere ai benefici.
L’ordinanza in commento, poi, fornisce un’ulteriore precisazione in relazione ai requisiti previsti per l’acquisizione della qualifica di imprenditore agricolo professionale.
Alla parte in causa, infatti, veniva contestata dalla CTR umbra la possibilità di ottenere la qualifica di IAP, in quanto ricavava due terzi del proprio reddito da fabbricati concessi in locazione. La Cassazione, però, ha correttamente deciso che, ai fini dell’attribuzione della qualifica, il reddito da fonte agricola deve essere almeno pari alla metà dei redditi da lavoro e non certo di quelli complessivi.
Con tale decisione, correttamente ancorata al dettato normativo, i giudici di legittimità hanno sconfessato un loro precedente orientamento, secondo cui la prevalenza del lavoro agricolo doveva essere valutata sia in confronto ai redditi da lavoro, ma anche a quelli derivanti da locazione di immobili e da pensione.