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Si stima che in Italia siano quasi un milione i fabbricati rurali che non sono mai stati accatastati nel catasto fabbricati: per cercare di rimediare a questa incongruenza, l’Agenzia delle Entrate ha annunciato l’invio di oltre 800.000 avvisi bonari ai proprietari, affinché si attivino per sanare la propria posizione.
L’obbligo di aggiornamento dell’iscrizione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali, inizialmente inseriti nel catasto terreni, è stato previsto dall’art. 13, comma 14-ter del D. L. 201/2011. In forza di tale norma, i proprietari dovevano procedere alla variazione catastale dei fabbricati rurali entro il 30 novembre 2012.
Purtroppo, tanti sono quelli che non hanno mai adempiuto a tale dovere.
Non tutte le inadempienze sono passibili di sanzione: in alcuni casi, come per le serre di coltivazione, le costruzioni possono essere accatastate nel catasto terreni (si veda la circolare del Ministero delle Finanze n. 3 del 9 settembre 1993). Inoltre, ci sono fabbricati, come casotti per attrezzi, fabbricati collabenti o inaccessibili, che non devono nemmeno essere accatastati.
Per regolarizzare la posizione di tutti gli altri fabbricati ancora iscritti al catasto terreni, il proprietario deve rivolgersi ad un professionista abilitato, il quale deve presentare agli uffici dell’Agenzia delle Entrate un atto di aggiornamento cartografico e la relativa dichiarazione.
La regolarizzazione tardiva determina l’irrogazione di una sanzione pari ad un importo compreso tra 1.032 e 8.264 euro, ma sarà possibile beneficiare del ravvedimento operoso (sanzioni ridotte a 1/6).
In linea generale il ricevimento da parte del contribuente di un avviso bonario emesso dall’Agenzia prima della regolarizzazione spontanea, preclude la possibilità di avvalersi del ravvedimento, potendo godere solo della riduzione di 1/3 delle sanzioni.
Nel caso di specie, invece, l’Agenzia ammette espressamente la possibilità di usufruire ugualmente del ravvedimento operoso, riducendo la sanzione ad 1/6 con un importo minimo di 172 euro.
Quella in commento è un’importante occasione per i proprietari di fabbricati rurali, forse l’ultima, per regolarizzare a basso costo una posizione che, lasciata aperta, potrebbe costare davvero cara.
Si segnala, infatti, che ai fini dell’accesso alle agevolazioni relative ad IMU e TASI, è necessario che gli immobili rurali siano accatastati come D/10. In presenza di una diversa categoria catastale, anche nel caso di un manifesto utilizzo agricolo del fabbricato, la giurisprudenza sembra negare l’accesso ai benefici fiscali.
Pertanto, la mancata regolarizzazione dell’iscrizione catastale del proprio fabbricato rurale potrebbe essere causa di accertamento da parte del Comune per il recupero di imposte municipali e TASI eventualmente evase: in tal caso, l’inerzia del contribuente sarebbe scarsamente difendibile anche in sede di contenzioso.